di Raffaele Vitali
FERMO – Alle 21.38 arriva il momento clou di un grande spettacolo che ogni persona, che lo dica o no, ha sognato di dire almeno una volta nella vita: ‘Io so io e voi non siete un cazzo’. Il Marchese del Grillo ha preso pieno possesso del palco del teatro dell’Aquila. Lo fa muovendosi con naturalezza, alternando parlato e cantato, come solo Max Giusti, un figlio di Fermo adottato dalla capitale, sa fare.
È inevitabile, per chiunque, guardare lo spettacolo con un po’ di pregiudizio, perché occhio e orecchio corrono verso il film e Alberto Sordi. Ma giusti, che parte piano e poi del marchese Onofrio assume ogni connotato, ha il vantaggio del dialetto e del fisico che al grande attore lo fanno assomigliare più di quanto si potesse pensare.
E poi c’è il Sistina, inteso come organizzazione, come qualità di scenografia e corpo di ballo. Da sempre una delle caratteristiche son i palchi che ruotano, questo premettete veloci cambi di scena, basta un click sul pulsante e delle luci e si passa in un attimo dal palazzo all’osteria, dalla povera casa dei villani alla stanza del papa.
Il sistema Sistina funziona: ci sono tende che improvvisamente scendono e permettono di non girare il palco, ma semplicemente di aprire un divisorio di legno a soffietto. Quando entrano in scena tra i 12 e i 15 ballerini lo spettacolo prende il ritmo televisivo, si sente il profumo del grande show.
Giusti trova il suo apice quando indossa i panni del carbonaio Gasperino. È decisamente a suo agio nelle vesti del rozzo romano che stenta a credere a quel che gli sta capitando. Una figura che permette poi allo spettatore di godersi di più il portamento nobile del marchese, che è un burlone dall’animo buono, capace di corrompere giudici per poi ridare in privato a chi con ragione lo aveva portato in tribunale, dando un senso a una del sue massime: ‘Il lavoro va sempre pagato’.
Si va avanti così, con il teatro dell’Aquila pieno e in festa, tra risate e applausi, speranzosi che il marchese su una cosa almeno abbia ragione: siamo tutti uguali. Un marche che torna Max Giusti al termine dello spettacolo, quando prende parola, quasi scusandosi con la sua compagnia, perché non lo fa mai: “Ma questa è Fermo, la città a cui sono legato dagli anni ’70, la casa della mia famiglia. Un luogo dove torno sempre e che ho visto cambiare".
E che ora Giusti promuove: "Una città che era viva, che era un riferimento negli anni ’70, che ha iniziato a scricchiolare negli anni ’80, che è andata in crisi prima della fine del millennio e che ora, invece, ho ritrovato splendida, sembra Londra”. Il merito? Dal palco non lo nomina, ma poche ore prima la risposta l’aveva data sui social in un video selfie complimentandosi con il sindaco Paolo Calcinaro.