FERMO - “In 19 anni d servizio, da ogni incarico sono andato via tranquillo. Per la prima volta sono davvero in difficoltà. Sono contento, ma questo territorio ha fatto centro” sottolinea Roland Peluso, fino a oggi comandante della compagnia dei carabinieri di Fermo, dove è arrivato capitano e se ne va maggiore.
Maggiore Roland Peluso, anni intensi?
“Dopo 5 anni, 6 mesi e 9 giorni, era il 30 marzo 2015, lascio Fermo: destinazione Bologna. Sarò comandante della terza sezione del nucleo investigativo del reparto provinciale di Bologna”.
Di cosa si occuperà?
Tre sezioni sotto il comando: la prima è la Sis, squadra investigazioni scientifiche. Sarò il raccordo con il Ris di Parma; la seconda è l’aliquota artificieri, competenza regionale per esplosivi, attentati, bombe e ordigni bellici; la terza è il Las, laboratorio analisi sostanze stupefacenti, ovvero il gruppo che dopo un sequestro interviene e analizza il principio attivo, determinante per la magistratura”.
Peluso, ma si ricorda il suo arrivo a Fermo?
“Sono arrivato catapultato dalla provincia di Parma dopo che il collega Zacheo si candidò. Era una compagnia distaccata che dipendeva ancora da Ascoli piceno. Ero l’unico ufficiale. Sgomitando sono riuscito a far crescere, seguendo le orme di chi c’era, questo gruppo. Indagini di squadra, sempre più relazione con i cittadini: abbiamo creato sinergia tra tutti i reparti, dalle sezioni al nucleo operativo”.
Quale operazione si porterà con sé?
“Il sequestro più grande delle Marche, quando a Porto Sant’Elpidio abbiamo recuperato 25 chili di droga. Poi l’aver sgominato la banda che rubava nei calzaturifici e tanto altro. Operazioni che hanno fatto comprendere ancora meglio alla scala gerarchica di Roma questa zona. Loro hanno creduto nel progetto e a luglio di due anni fa Fermo è stata dotata di due comandi provinciali, carabinieri e Finanza, e di una questura. Finalmente il motorino della macchina si accendeva avvero”.
Lei è diventato un riferimento per i giovani. Se lo aspettava?
“Ho fatto tanti incontri nelle scuole, molti nei quartieri, ho scelto di parlare con i giovani e con gli anziani. I primi per fermare l’ascesa del consumo della droga, i secondi per dare indicazioni che potessero evitare truffe e furti in casa”.
Ora passa da comandante di compagnia al nucleo investigativo. Come immagina il ritorno in strada?
“Abbandono l’uniforme, starò in borghese. Abbandono i contatti istituzionali, niente più riunioni col Prefetto e i sindaci. Mi mancheranno, ma torno in un contesto operativo che mi affascina molto. Tra l’altro in un reparto molto settoriale che unisce la tecnologia al fiuto. La polizia giudiziaria di strada mi è sempre piaciuta, il mio primo incarico era simile. Oggi unisco il comando di due compagnie, nove anni di attività”.
Sembra commosso.
La crescita professionale è legata all’emozione di lasciare un posto dopo anni: ho ricevuto grandi attestazioni di stima: sindaci, cittadini, imprenditori, giornalisti, commercianti. Ho ricevuto messaggi da tutti con parole semplici: ‘sei stato un perno della sicurezza’. Bello sentirselo dire, sapendo che da oggi tornerò a studiare, a formarmi, perché ogni cambiamento richiede nuove competenze. Tra la gente ci sono stato davvero, in divisa e con i jeans. Ho davvero girato questa provincia. Fermo è capoluogo, ma resta un grande paese. E lo dico con stima”.
Lei ha puntato sulla squadra, per il suo successore una bella eredità?
“Il grazie di cuore è ai comandanti di stazione, i tanti che ha coordinato. Ho ascoltato i consigli della mia famiglia, questo è per me l’Arma. Io sono un ufficiale fuori dagli schemi, spingo i carabinieri a essere molto moderni. Avere però al mio fianco militari con più esperienza mi ha permesso di non dimenticare mai i principi, la storia della famiglia. Il nuovo comandante, il tenente colonnello Gismondi, è stato protagonista di indagini importantissime per il territorio. Ha una grandissima professionalità investigativa, con esperienza di anni di servizio. Insieme ai comandanti di stazione e reparto farà un lavoro migliore del mio”.
Peluso, tra i tanti ricordi c’è anche quello del terremoto del 2016.
“Una situazione che ci ha segnato tutti. Esperienza drammatica e di accrescimento. Ho compreso la testardaggine di voi marchigiani, la vostra onestà. Gente che in tre minuti si è trovata senza niente. Il giorno dopo il primo terremoto ero ad Arquata del Tronto a tirare fuori corpi da sotto le macerie. Lo ricordo bene, quei corpi nei sacchi posizionati dentro una tenda. Corpi senza nome, ma solo con una targhetta con il numero e il luogo di ritrovamento per poter risalire al loro nome. Una esperienza drammatica, dura. Abbiamo capito cosa significa ritrovarsi senza niente in pochi minuti”.
Droga e violenza contro le donne sono state due sue battaglie. Cosa lascia?
“Grande impegno contro la violenza sulle donne: abbiamo creato una rete sempre più forte. Un lavoro il Soroptimist che resterà, visto che abbiamo creato una ‘stanza tutta per te’ sicura e discreta per le donne che vogliono denunciare. Tornando alla droga, Fermo, nonostante la crisi, ha una economia fiorente. Il fermano sa gestire le proprie economie. E girando i soldi, tra i giovanissimi cresce l’uso di droghe. Il contrasto è forte, l’attenzione è altissima. Le indagini sono costanti. Dal sequestro di due grammi di cocaina siamo sempre arrivati ai livelli superiori, con uno schema logico che ci ha portato al tavolo della caserma con chili di droga sopra. Risalendo la china dell’acquirente, siamo arrivati agli spacciatori. Se il metodo funziona, non si può fermare”.
Comandante, lei va, Marinucci resta. Quanto è stato importante il colonnello per lei e Fermo?
“Stima e collaborazione. Non semplice per lui insediarsi, avendo un comandante come me da più di quattro anni in sede. L’ho introdotto con tutti, ma non ha poi avuto bisogno di grande aiuto, è un grande governatore di uomini. In due anni si è assunto una responsabilità immensa. Creare da zero un comando provinciale è complicato. È una persona eccezionale”.
Insomma, il suo è un arrivederci o un addio?
“Se non dal punto di vista professionale, da quello personale è un arrivederci. Ogni giorno possibile lo passerò qua, dove ho parte di me. Dal punto di vista dell’Arma continuo il mio percorso, certo arrivare a un comando regionale sarebbe una crescita e un modo di tornare. Quindi, chissà. Non mi piace lodarmi, ma quello che ho sentito in questi giorni mi ha fatto capire che davvero ho seminato un buon raccolto. Che ora proseguirò a Bologna”.