Le parole di Francesco Trasatti anticipano quelle di Alberto Rollo, l’uomo che fa di un libro ‘un libro da Mondadori’, e di Claudio Piersanti, scrittore e scenografo.
di Raffaele Vitali
FERMO – Non è facile parlare di sé, ancora meno farlo quando il fio conduttore è il dolore. Ma in realtà c’è tanto di più e Angelo Ferracuti lo racconta nella videointervista in cui svela ‘La metà del cielo’, il suo ultimo romanzo.
“Angelo ha la capacità di farci identificare. Il suo è un ritratto dei quartieri di Fermo, della sua vita, uno spaccato della vita di provincia, con i suoi lati belli e brutti. Ma soprattutto è un libro che racchiude la magia della scrittura”. Le parole di Francesco Trasatti anticipano quelle di Alberto Rollo, l’uomo che fa di un libro ‘un libro da Mondadori’, e di Claudio Piersanti, scrittore e scenografo, “uno dei miei modelli, quello che volevo diventare per lingua e scrittura” confessa Ferracuti.
Alberto Rollo, una vita tra i libri, non è uno che si sposta con facilità. Solo per chi merita: “Ho atteso questo libro dieci anni”. Ma meritava l’attesa il ‘grande Angelo’, come l’editore definisce lo scrittore nato sotto il Girfalco, ma sempre più cittadino del mondo. “C’è voluto tempo per maturare una materia difficile. Un libro, che diventa una ricognizione, ricco di aspetti diversi: la morte della moglie Patrizia; il tempo suo, della storia, di una generazione; i luoghi della provincia; il tema del fallimento; il dolore”. Proprio il modo in cui Ferracuti ha affrontato il dolore ha colpito Rollo: “Materia complessa, soprattutto quando si affronta il prima, il dopo e il durante. Lo scrittore Ferracuti non è scappato, ma è andato dritto al cuore. Insomma, come avrete capito c’è tanto dentro ‘La metà del cielo’”.
Claudio Piersanti, con la sua voce calda, parte da un dato: “Caro Angelo, non capita spesso che Alberto attenda un libro tanti anni. È un privilegio. Meritato, fammelo dire. Queste sono tra le pagine migliori che hai scritto. Hai saputo dare la profondità di campo, quella che ricerco al cinema. E non facile. Ma tu hai giocato sui tempi, creando sovrapposizioni dei tempi della narrazione, dandoci il piacere della lettura”.
Ascolta il figlio di Fermo che davanti a sé ha una gremita sala della Biblioteca Spezioli con le sue finestre che si affacciano su piazza del Popolo. E prendendo il microfono candidamente ammette: “Lo volevo scrivere da anni”. Ecco perché.