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Il futuro di Fermo. Il Carducci: "Progetti di rete". Calcinaro: "Nuovo corso di laurea per digitalizzare il manifatturiero"

6 Febbraio 2021

FERMO - Un patto per il lavoro e lo sviluppo del Fermano. L’hanno proposto l’altra sera i sindacati, durante un incontro online promosso assieme al Centro Studi Carducci. Quando la provincia fiaccata dalla crisi e dal Covid uscirà dalla pandemia – il ragionamento – dovrà farsi trovare pronta. Dovrà saper sfruttare i soldi, «mai così tanti dal dopoguerra», che arriveranno dall’Europa da qui a qualche anno. Per farlo, dovrà abbattere gli steccati, remare nella stessa direzione.

«La progettazione europea privilegia la rete. C’è bisogno di unità, di superare le divisioni tra imprese, Comuni e realtà amministrative. Inerzie e atteggiamenti mentali che finora non ci hanno permesso di lavorare bene insieme. Le divisioni ci rendono deboli e marginali anche all’interno della regione» ha spiegato il presidente del Carducci, Luca Romanelli.

Parola d’ordine, quindi, unità. Da qui la proposta del patto che, ha spiegato Alessandro De Grazia, per prima cosa dovrà proteggere il lavoro, «per far sì che nessuno rimanga solo». Nelle Marche, ha aggiunto il segretario della Cgil, il Fermano è quello che rischia di più, per via del monocomparto. Un’economia basata quasi solo sulla moda, che già da anni fatica a reggersi in piedi. «Se va in sofferenza il settore moda, va in sofferenza tutta l’economia del Fermano», la sintesi di De Grazia.

L’incognita, adesso, è la fine del blocco dei licenziamenti, previsto per marzo. Che succederà dopo? «Ad oggi non abbiamo risposte certe. Per questo, chiediamo interventi immediati e a medio e lungo tempo: ammortizzatori sociali, comprese politiche attive del lavoro, per accompagnare chi l'ha perso o rischia di perderlo a nuove forme di occupazione», l’intervento del responsabile della Cisl, Alfonso Cifani. Di una cosa i sindacati sono sicuri: il Tavolo per lo sviluppo economico guidato dalla Provincia sta dando i suoi frutti.

Ha portato, prima all’attenzione di Ancona e poi di Roma, la crisi di un territorio dedito come pochi alla manifattura, vedendosi riconosciuto lo status di area di crisi. “Un riconoscimento – ha spiegato la presidente della Provincia, Moira Canigola, che, da qualcuno, potrebbe essere letto come un segno di debolezza, ma che, invece, rappresenta una fondamentale opportunità. Un punto di svolta – ha detto – che ha portato in questo territorio risorse per trenta milioni per investimenti piccoli e grandi. O sapremo coglierlo, o non avremo grosse speranze per il futuro».

Tradotto: o il calzaturiero si rinnova, o la strada per la via del tramonto è tracciata. A meno di non trovare un’alternativa. Trasformarsi e cambiare pelle. Ci ragionano su i sindacati. Se il Covid, mettendo in luce tutti i nervi scoperti del settore, fosse l’occasione per rinnovarsi? Potrebbe sapere di resa – ragionano –, ma accanirsi sarebbe peggio. Ipotesi e soluzioni da trovare.

Un nuovo percorso emerge dalle parole di Paolo Calcinaro, sindaco di Fermo: “Abbiamo tre opportunità. La Learning City (affidata a Francesco Trasatti, ndr), che sono convinto sia una strada di crescita; il piano sulla crescita di Campiglione; lo sviluppo dell’Università. Quello della formazione è un tema fondamentale. Stiamo immaginando un nuovo corso di supporto al manifatturiero oltre a Ingegneria gestionale che punti sulla digitalizzazione. E di questo stiamo trattando con la Politecnica”.

Ma calzaturiero o no, su una cosa tutti gli attori riuniti attorno al tavolo virtuale si dicono d’accordo: serve modernità. A partire dalle decantate infrastrutture, materiali e immateriali. Vie di collegamento, su asfalto o fibra, per rendere il Fermano al passo coi tempi. Ha assicurato tempi stretti per la convenzione della rotonda di San Marco, il consigliere regionale Marco Marinangeli. Ha pure parlato di «assicurazioni per il prolungamento della Mezzina». Per la Lungotenna, invece, la fase è quella dei ragionamenti.

Francesca Pasquali

redazione@laprovinciadifermo.com

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