FERMO – Giornata mondiale delle cure palliative. A Fermo si promuovono on air, grazie alla radio, e nei reparti. La legge 38 del 2010 parla di ‘interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali rivolti alla persona malata e al familiare’. Tradotto: “Un insieme di cure volte a migliorare la qualità della vita del malato in fase terminale, ma psicologicamente anche della famiglia” precisa Licio Livini, direttore Asur che vede nel medico sempre più un giardiniere che cura ogni dettaglio. E per questo al suo fianco ci sono, in primis, L’Abbraccio e l’Anpof, le due realtà che rendono migliore il tempo dentro il reparto di Oncologia del Murri e dell’Hospice di Montegranaro.
Cambia volto la morte, non più ‘condanna’ ma evento naturale verso cui fare un percorso di accompagnamento. “Non parliamo di accanimento terapeutico ed eutanasia. Parliamo di sollievo per un malato considerato in modo olistico, tra malattia e realtà che lo circonda. Un modello bio psico sociale” precisa Livini.
Le palliative (INFO) non riguardano solo i terminali, sono anche percorsi finalizzati alla guarigione, come ad esempio la Terapia del dolore. “Dobbiamo riflettere su questo mondo, potevamo fare di più ome sistema sanitario. Le associazioni ci stanno a fianco, collaborano, poi però deve essere il pubblico a garantire questi percorso. Non possono sostituirci”.
Per questo è importante il progetto ‘Volontari competenti per le cure palliative’ che unisce tutti sotto il coordinamento di Laura Stopponi. “La giornata nasce dal mantello di San Martino che proprio oggi si festeggia. La nostra è l’unica area vasta che la celebra. Questa è un’Asur sensibile. Per la prima volta insieme sei associazioni che si occupano della sanità. Vogliamo rendere i volontari competenti in materia. Le associazioni non possono più essere solo un ambito riabilitativo. Il progetto dura diciotto mesi e vive sulla formazione, con lezioni comuni, un gruppo per ogni associazioni”. Le lezioni vanno dalla strategia di rete, confronti con i medici, all’organizzazione sanitaria e poi ci saranno iniziative pubbliche sui tre aspetti fondamentali delle leggi, dalla 7 della Regione alla 219 fino all’autodeterminazione dei percorsi di cura (Dat). “L’oggetto simbolo è un mantello in versione striscione che racchiudono i partner e abbiamo appeso fuori dal Civico 18”.
Le associazioni coinvolte sono L’Abbraccio (capofila), Anpof, Ant, Associazione malati Alzheimer, Sclerosi multipla e, fondamentale, Cittadinanza Attiva e Tribunale per i Diritti del malato “che garantisce tutti i cittadini e non solo chi è incurabile”. Area Vasta, comune di Montegranaro e comune di porto San Giorgio sono i partner istituzionali. La dottoressa Padovani aggiunge: “Ognuno di noi deve riflettere sul cambiamento culturale: l’approccio al dolore non più come ‘ci si deve passare’ ma una crescita della pietas che si sta riappropriando della gente, dei medici”.
“Questa è davvero un’area vasta illuminata. Non a caso è nato un Hospice, dove c’è continuità diretta tra i pazienti che una volta terminate le cure oncologiche iniziano quelle palliative senza sentirsi abbandonati. Ho ereditato la struttura creata dal dottor Giustini e vado avanti con il dottor Bacioni, che è il responsabile scientifico, e la caposala Borriello. Siamo un faro per le Marche e per questo abbiamo un Hospice certificato” commenta il primario Renato Bisonni.
Parte del sistema sono anche le cure domiciliari: “Questa attività la portiamo anche a casa. Nelle strutture ci aiutano le associazioni Anpof e Abbraccio, poi all’interno abbiamo realtà come lo Iom che entrano nelle case riuscendo a superare la difficoltà del rapporto diretto” aggiunge Livini.
Michela Vitarelli, volto dell’Anpof, riparte dal termine olistico: “Noi così ci siamo approcciati, cercando di aiutare la persona con le cose semplici, un sorriso, un pezzo di torta, un’attenzione che ogni giorno garantiamo. Quando abbiamo presentato l’estetica oncologica ho parlato di ‘paziente come persona’. Non possiamo fermare l’attenzione alle mura dell’ospedale, per questo nascono musicoterapia, pet Therapy, estetica. Possono sembrare, davanti a un tumore, piccole cose, ma in realtà sono piccoli pezzi del mantello di San Martino che aiutano il paziente e la famiglia”.
Luciano Pini è il presidente dell’Abbraccio: “Siamo capofila del progetto perché abbiamo voluto la rete, lo scambio di conoscenze è un modo per crescere. Dopo sette anni all’interno dell’Hospice, vediamo davvero un’attenzione maggiore alla persona, alla dignità e alla sofferenza. Non ci preoccupa più solo della malattia”. Chiusura per Rosy Borriello, la caposala, dal 2009 in prima linea: “Eravamo spaventati all’inizio. Non eravamo così formati, eravamo partiti per curare e ci sentivamo impotenti quando è nato l’Hospice. Poi ci siamo resi conto che prendersi cura del paziente è ciò che dà sollievo a paziente, famiglia e noi stessi”.
Ma quale è il confine tra cure palliative e accanimento terapeutico: “È un confine sottile. Noi le terapie le mettiamo in campo tutte. Poi serve la sensibilità, quando si capisce che non c’è nulla da fare si passa al palliativista, che sempre più entra in campo anche prima che le cure finiscano. Accanimento è una parola che non comprendo” risponde convinto Bisonni. Aggiunge il dirigente Vesprini: “In aiuto è la legge 219 del 2017, che va attuata. Nei Dat la persona che può decidere i suoi trattamenti dà un indirizzo. Manca una formazione, che stiamo predisponendo, per tutti i professionisti. Una legge importante che dà i contenuti. Dobbiamo abbinare competenza professionale e competenza umana”. Insomma, nessun accanimento, almeno nel Fermano: “Culturalmente stiamo già lavorando su un percorso che accompagna la buona vita fino alla fine. Dare servizi, spendersi, coinvolgere e integrare sono tutti concetti che vanno oltre l’accanimento terapeutico” conclude Livini.
Raffaele Vitali