FERMO – “Nel giorno dell’Ascensione torniamo a dire Signore fa di noi un solo corpo, perché possiamo tornare a nutrirci del tuo”. Si aprono le porte del duomo di Fermo e l’arcivescovo Rocco Pennacchio accoglie i fedeli. O meglio, don Michele Rogante, che poco prima aveva celebrato la messa a san Domenico davanti a una 60ina di fedeli, li attende sulla porta, indica la via, che passa per l’igienizzante da spruzzarsi sulle mani, e poi prosegue tra i banchi dove delle ‘v’ indicano il posto giusto per sedersi.
Sono 200 le persone che possono entrare. Non c’è il pienone, ma il colpo d’occhio è importante, come il silenzio, quasi irreale, durante la messa. Perché le mascherine, obbligatorie in chiesa, ovattano ancora di più ogni parola. E anche i bambini, ce ne sono tanti, rimangono concentrati, osservano e ascoltano. Una sola donna entra senza mascherina, a messa iniziata, ma passano pochi minuti e se la mette.
Tante famiglie più che anziani. Ci sono le suore, ci sono i fermani che volevano vivere di nuovo la cattedrale per l’eucarestia. I volti coperti celano i sorrisi, ma gli occhi sono sereni. E Pennacchio è lì per quello, per farli sentire a casa. Nei lunghi mesi di lockdown e isolamento, il vescovo è dimagrito, lo notano tutti. Ma sta bene, è una nuova forma per lo stesso spirito battagliero, che emerge subito: “Si può dubitare, la Chiesa è tale quando condivide l’insicurezza dell’uomo. E invece c’è chi preferisce una chiesa che non deve chiedere mai, che anziché condividere l’insicurezza del popolo di Dio, esibisse i muscoli per tornare a tutti i costi a difendere il diritto per la messa con il popolo. Non è questa la Chiesa a cui ho messo in mano la mia vita”.
E prosegue: “Per questo ho sempre pensato che fosse meglio condividere le restrizioni con gli altri. forse qualcuno pensa che condividere un dubbio indebolisca la chiesa e la fede, invece il dubbio smonta presunzioni e facili entusiasmi e apre le porte a una nuova sicurezza e consapevolezza della fede. Essere colto dal dubbio non compromette “l’io sono con voi sempre” di Gesù. Anzi, se noi vacilliamo lui è al nostro fianco. Superiamo la tentazione dell’individualismo, la chiesa è gli uni per gli altri”.
Conclude così la sua omelia l’arcivescovo, ribadendo quanto detto anche durante la lunga fase di isolamento domiciliare dei tanti fedeli. Era giusto rispettare le regole, come è fondamentale farlo oggi non c’è, qualcuno superiore agli altri, c’è la condivisione della realtà in cerca di un futuro migliore.
Raffaele Vitali