di Francesca Pasquali
FERMO - Turismo, istruzione, fusioni, innovazione. Il Centro Studi “Carducci” suona la sveglia ai candidati sindaco del capoluogo, con proposte e interrogativi sul futuro della città che resteranno anche dopo il voto.
L’estate più difficile degli ultimi anni è ormai agli sgoccioli, ma è già tempo di pensare alla prossima. Non solo. Perché Fermo, e il Fermano, non possono vivere sulla scia della stagione più calda. Occorre programmare e destagionalizzare. «Mancano strategia e visione. Negli ultimi dieci anni, ognuno è andato da solo e Fermo non è riuscita a essere il centro di coordinamento dello sviluppo turistico di questo territorio», dice il Carducci guidato da Luca Romanelli.
Di promozioni e cabine di regia s’è parlato all’infinito, fino a quando il Covid ha rimesso tutti in riga, insegnando che le occasioni perse non tornano. «Per promuovere un territorio, è indispensabile adottare una nuova strategia competitiva e nuovi processi», spiega il centro studi e spinge sulla partnership pubblico-privato per «costruire una forte e competitiva identità turistica integrata che coinvolga tutte le risorse disponibili».
Città di studi già nell’Ottocento, Fermo trasuda cultura da ogni mattone. Oggi la scuola è nel marasma della riapertura, ma passerà. Gli studenti in città sono diverse migliaia. Arrivano da tutta la provincia e oltre. In pochi anni, l’università ha raddoppiato gli iscritti. Un nuovo corso (quasi certamente Logopedia) è in dirittura d’arrivo. Il conservatorio porta in città spicchi di mondo. «Una grande ricchezza e una grande potenzialità dal punto di vista umano, sociale, culturale ed economico», commenta il Carducci. «Possono diventare un fattore importante per la crescita complessiva della città e del territorio?» si chiede.
Di fusioni non si sente parlare da un pezzo. Nel Fermano non hanno mai attecchito. Ora sono sparite dai radar. Un anno fa la questione era tornata in auge. Ce l’aveva riportata proprio il Carducci. Dietro al tavolo, a Marina Palmense, c’erano i sindaci di Fermo e Porto San Giorgio. A parole, il primo s’era detto favorevole. Il secondo era stato più titubante.
A pochissimi giorni dal voto, il centro studi torna alla carica. «Per i piccoli comuni dell’interno – spiega –, si tratta della sopravvivenza e di riconquistare una possibilità minima di lottare contro l’abbandono. Per i più grandi, è l’occasione di razionalizzare i costi e poter offrire servizi più avanzati. Le resistenze sono forti: se le fusioni dei Comuni sono ardue, cominciamo dai servizi e dalle partecipate».
È notizia di ieri l'affidamento della progettazione dell’ex mercato coperto. In un paio d’anni, l’edificio di piazzale Azzolino dovrebbe cambiare volto. Dentro e fuori. Se all’esterno le fattezze resteranno quelle di sempre, all’interno gli spazi saranno rivoluzionati. Un piano diventerà un centro di ricerca, con start up e giovani al lavoro.
Il bando è scaduto ieri e in Comune è arrivata una domanda: un’Ati (Associazione temporanea di impresa) di due università. Ma, all’ex mercato coperto, più che «un laboratorio di strumentazioni innovative», il Carducci vedrebbe bene «un centro di servizi innovativi», perché «oggi – spiega –, l’innovazione delle imprese non è tanto ostacolata dai costi di accesso a strumenti e macchinari tecnologicamente avanzati, quanto dalla carenza di fattori abilitanti scarsi o assenti nelle aziende, come nuove competenze, capacità organizzative e partecipazione a reti di collaborazione».