PESARO – Ario costa, bandiera e presidente della Vuelle Pesaro, targata Carpegna Prosciutto, è di poche parole. Vuole lasciare la vetrina al neo coach, chiamato in tempi rapidissimi alla guida della squadra: “Presentare un allenatore con una storia così importante è una soddisfazione. Sono certo che sarà l’uomo giusto che ci porterà in acque tranquille”. Banchi ha qualche capello in meno, ma sempre l’accento toscano con cui scherza e diventa serio nel giro di due parole.
Ma cosa spinge un allenatore come Luca Banchi ad accettare la chiamata di Pesaro, squadra blasonata ma pericolante?
“Il mio unico stimolo ora è di rendere le persone che mi hanno scelto e quelle che ogni giorno sostengono il club orgogliose del lavoro che faccio. Mi piacerebbe pensare che a conclusione di questa esperienza possa dire di essere soddisfatto per quanto costruito”.
Si aspettava questa chiamata?
“Una decisione rapida, non so neppure quanto abbiamo avuto modo di riflettere se fossimo le persone giuste nel posto giusto. spero che a rispondere siano il campo e il tempo”.
Sostituisce Aza Petrovic, che se ne è andato rinunciando a tutto. Cosa ne pensa?
“Allenare a Pesaro ha un valore particolare. E per questo parto da Petrovic. Per chi come me ha avuto il coraggio di prendere determinate decisioni, sappiate che sono frutto di una tempesta di emozioni dentro. Allenare la squadra richiede empatia e sinergia assoluta. Figuriamoci a Pesaro, considerando che per lui è una seconda casa”.
Scudetti, poi mezza Europa. Non teme il gruppo che ha affondato Aza?
“Primo allenamento, gruppo disponibile: Giocatori che hanno cultura, età ed esperienza. Sapranno ridare il massimo. Il mio compito è quello di restituire un equilibrio”.
Banchi resterà allenatore part time della nazionale della Lettonia?
“Durante l’estate ho avuto diverse trattative, per cui sanno che sono un allenatore di club e come tale mi considero e quando possibile lavoro con una squadra quotidianamente. Tra l’altro la Lettonia è di nuovo in lockdown, per un mese anche le scuole chiuse. L’impegno con la Nazionale è chiaro, ho pianificato il lvoro, con lo staff monitoro giocatori dalla Nba alla lega più piccola”.
Tornando alla Vuelle, sfida non facile. C’è un gruppo da mettere in linea. È pronto? Qui non si gioca per lo scudetto.
“Quando si parla di riordinare le cose, c’è già uno stimolo. Il coach deve far combinare la necessità di intervenire sulla squadra rimanendo competitivi. Ci sono sfere che abbracciano la componente tecnico tattica e quella mentale. Questo gruppo ha subito choc importanti, bisogna saper reagire in questa emergenza. Non è essere un allenatore di alto livello che mi caratterizza, ma la capacitò di proporre stile di lavoro e metodo a un gruppo che sembra smarrito”.
Si attende una reazione già a Venezia?
“Non la sfida ideale. Noi abbiamo visto la loro migliore versione in Supercoppa, ci proveremo”.
La presenza di Delfino ha influito?
“in realtà io e Carlos a Torino non ci siamo proprio incrociati. Di certo lui e gli altri italiani mi hanno dato la consapevolezza che questo è un gruppo con margini di miglioramento”.
Banchi, ma come è cambiato il basket italiano da quando lei vinceva scudetti?
“In primis è diversa la cultura dei giovani, fin dal settore giovanile serve un approccio differente. Uno dei motivi per cui continuo a fare questo lavoro è per la capacitò di adattamento a circostanze e situazioni. È cambiato l’approccio alla comunicazione della pallacanestro, bisogna saper gestire tanti aspetti, incluso il ritardo nelle aspettative. Oggi serve ipotizzare la chimica della squadra e lavorare per renderla performante nel minor tempo possibile. Anni fa la costruzione di un gruppo e la sua definizione prevedevano tempi decisamente più dilatati. C’era più senso di appartenenza, c’erano squadre con due stranieri che ancora oggi si ricordano, che parlano italiano e mantengono relazioni continue. Altri tempi, oggi le squadre sono delle sliding doors, chi entra ed esce, con un mercato molto aperto”.
Raffaele Vitali