MONTEGALLO – Un poeta mai dimenticato, un libro da rilanciare arricchito da fotografie inedite, un concorso che con la sua prima edizione ha coinvolto scrittori da mezza Italia: c’è poca da dire, l’associazione giovanile Mons Gallorum ha fatto centro. E la presenza di Franco Arminio, il poeta delle aree interne e delle montagne, uno degli intellettuali italiani che più sta dando all’area del cratere, ne è l’ulteriore conferma.
Come la presenza di più 150 persone nel cuore di Corbara, una delle tante frazioni del comune di Montegallo che vuole vivere, che prima del momento culturale hanno anche girato per il paese fermandosi negli angoli addobbati con libri e poesie dai giovani dell’associazione.
‘In poche parole’ è il titolo del concorso, ma chi ha partecipato ha saputo usarle davvero al meglio. Il concorso dedicato a Francesco Bonelli. “Abbiamo bisogno di cerimonie, molte le abbiamo rottamate, ma dobbiamo inventare nuovi modi di stare insieme. Come in paesi come questo che è antico, ma guarda al futuro. Scrivere è un gesto antichissimo, qui chi ha partecipato ha scritto stimolato dall’appartenenza” sottolinea Arminio, che della giuria del concorso è presidente.
La grande arma contro la malattia dell’Occidente, l’isolamento, sono i piccoli luoghi, sono i posti dove il senso di appartenenza è radicato: questo è uno dei concetti più cari al poeta del piccolo. “Partendo dalla scuola, possiamo rigenerare il senso di comunità”.
Lo stanno capendo anche gli americani: “Negli Usa, un documento di 82 pagine scritto dal responsabile della Sanità del Governo analizza le strategie per la coesione sociale e cerca di capire come superare l’epidemia di solitudine. Questo spazio di Marche sta costruendo la scenografia di futuro. Voi siete la risposta al documento americano, loro non hanno questa memoria comunitaria, il legame con i luoghi. L’invito a tutti è di venire anche quando non ci sono cerimonie, per rinovare il rapporto con i luoghi e provare a ricostruire insieme” ribadisce Arminio.
“Dobbiamo ricostruire fiducia, superare quella sfiducia che per anni ha dominato. Dobbiamo superare lo ‘scoraggiatore militante’ quello che non riesce a vedere qualcosa in mezzo a tutto questo. Mantenere il legame con il passato è importante. La comunità è fatta di vivi e morti. Bonelli non c’è fisicamente, ma con le parole è qui con noi” conclude il presindete.
Ma chi era Francesco Angelo Bonelli? Lo spiega bene Pamela Andreani: “Un uomo nato nel 1896, Checco per gli amici, nella chiesa di Santa Maria in Lapide. Cresciuto a Corbara, ha respirato la realtà e la semplicità. Che poi torna nei suoi scritti, rigorosamente in dialetto “. Aggiunge Pamela: “La sua produzione è in dialetto montegallese e in ascolano, qualche volta accompagnate con l’italiano. Opere che vanno dalle commedie per il teatro, drammi storici, saggi e conversazioni grammaticali, ma soprattutto poesie. Le sue opere descrivono con forza e passione il territorio, come solo il dialetto sa fare”.
È il momento dei premi. Per il testo in vernacolo vince Lucio di Domenico con ‘La palenta’. “Ha convinto tutti usando al meglio accenti e punteggiatura, che coinvolgono il lettore che si trova perso in un’atmosfera d’altri tempi” è una delle frasi della motivazione letta da una delle esponenti della giuria, la giornalista Emanuela Astolfi.
Mattia Miconi, lo studente in lettere a Bologna con chiare radici montegallesi, è il primo classificato per il premio in lingua italiana. Legge la motivazione Martina Bonelli, nipote di Checco Bonelli che parte dai ringraziamenti all’associazione “per avere organizzato qualcosa di importante”. A convincere i giurati il fatto che Miconi “ha saputo utilizzare al meglio il sonetto, tanto caro al Bonelli perché sviluppa, nonostante la brevità, più concetti”.
Terzo premiato per la sezione racconti è Ornella Vallino, la motivazione è affidata a Donatella Ferretti, assessora di Ascoli Piceno. “Aver condiviso questo percorso con Arminio e con l’associazione iena di giovani che si impegna a tenere iva la memoria e il presente di questi luoghi. Porto la vicinanza del capoluogo, non dobbiamo mai dimenticare che siamo un unico territorio. Questo scritto ci ha convinto perché ha saputo raccontare in prima persona il ritorno in un luogo caro, ma lontano, a distanza di anni”.
Menzione di merito ad Alessia Mannocchi con un testo breve e intenso dedicato all’amore declinato in ogni modo, peer figli, per il marito, per la patria, per il territorio. “Grazie, date luce a questo territorio. Come ho letto il bando mi sono detta ‘che dovevo partecipare’. Qui ci sono le mie radici, mia nonna ha scelto un uomo di Fonditore. Devo molto a loro, senza di loro non saremmo qui. Speriamo tuti di veder rifiorire questa terra” le parole di una emozionata Mannocchi.
C’è un’aria magica a Corbara. Ha davvero centrato il punto Arminio, qui c’è voglia di comunità, anzi c’è ancora la comunità. Che resiste nonostante la burocrazia, nonostante i cantieri lenti, nonostante la miopia di certa politica che ha preferito convegni in luoghi più comodi ai propri cittadini. Ma c’era la Ferretti, che ha passato ore tra i sibillini
Alessia Rossi, Alfonsina Rossi Brunori e Pamela Andreani sono le tre ‘socie’ che hanno lavorato alla ristampa de ‘Le Somiglianze’. “Un progetto che abbiamo voluto fortemente, un percorso iniziato un anno fa con i primi incontri con la famiglia Bonelli, che ci hanno detto subito sì. Il libro non era più in circolazione, mentre meritava, perché la figura del Bonelli meritava di essere valorizzata. Un figura importante non solo per il nostro pese, varca ogni confine. Con questa nuova persone abbiamo dato anche un volto a Bonelli, oltre a curare la biografia affidata a Pamela Andreani (che si è laureata con uno studio sul poeta montegallese, ndr) e a tante foto fornite dalla famiglia”. Aggiunge Alfonsina Rossi Brunori: “Il testo è arricchito da una prefazione, il professor Antonio Isidoro, che si è prestato a rendere le nuove ‘Somiglianze’ ancora più di valore”
La chiosa, dopo il saluto del vicesindaco Aldo Rossi, è dell’avvocato Corrado Bruni, nipote di Bonelli. “Non si è estinta la famiglia Bonelli. L’ultimo figlio morì nel 2015. Siamo 8 nipoti, sedici pronipoti e tre figli di pronipoti. Qua e la sono spuntati scrittori, poeti, insegnanti, musicisti. Dopo il 20 dicembre 1976, con la morte del nonno, abbiamo lavorato per non far perdere la sua memoria, consapevoli del valore della sua produzione. Mia madre, poetessa si impegnò non per dare lustro alla famiglia Bonelli, ma al territorio amato dal nonno. E noi proseguiamo. Il mio grazie va a Pamela che con la sua tesi di laurea su Checco Bonelli ha portato mio nonno dentro il mondo accademico, come meritava e all’associazione per questa iniziativa”.