FERMO – Nessuno camminerà mai scalzo, questa è una certezza. Il punto è quali scarpe si metterà ai piedi. Il settore calzaturiero, che ha nel Fermano il suo cuore pulsante, sperava in una ripresa molto più rapida. E invece, le produzioni restano in azienda e i negozi sono chiusi per cui non resta che farsi trovare pronti per la ripartenza, non appena la vaccinazione avrà raggiunto una percentuale degna di questo nome.
“In questa fase complicata bisogna fare squadra”. Valentino Fenni, presidente della sezione calzature di Confindustria Centro Adriatico e vice presidente di Assocalzaturifici, si muove su più tavoli. “Ci siamo incontrati con i colleghi regionali del settore moda, da Macerata a Pesaro grazie al supporto di Confindustria Marche, in modo da iniziare a pianificare un futuro fatto di azioni mirate e davvero funzionali. Un approccio alla realtà più associativo”.
Delineando i punti chiave su cui agire, Fenni ne tocca uno tropo spesso trascurato: “Non è accettabile la concorrenza interna tra territori dello stesso Stato. Dalla questione 30% ai patti territoriali passando per le Zes, zone economiche speciali, Puglia e Campania, ma presto anche l’Abruzzo, sono diventate concorrenti interne. Da anni combattiamo contro i costi di manodopera bassissima in Europa (Spagna, Portogallo, Romania), dall’altra parte dell’Adriatico (Albania e Turchia) e nel mondo (Vietnam, Cina e Africa). Studiamo sgravi in modo che l’Area di crisi complessa e la ricostruzione concorrano davvero a far rimanere la manifattura come peculiarità e non zavorra”.
La difficoltà della moda, che non è solo scarpe, è evidente: “Politica e banche devono comprendere un aspetto: la moda va trattata come i prodotti con scadenza. Non si può pensare che quello che si produce oggi sia vendibile il prossimo anno. Non siamo il Food, ma le regole del mercato della moda non sono lontane da quelle dei prodotti deperibili”.
Tra le azioni che Fenni chiede al Governo è quella che riguarda il credito: “Bisogna allungare i tempi di restituzione ad almeno 15 anni. Le aziende producono poco e i negozi sono chiusi o vuoti”. Credito che serve anche per finanziare i viaggi all’estero che dovranno per forza ripartire: “Il mondo è stato cambiato dalla pandemia e quindi serviranno nuove strategie e di conseguenza risorse. Oltre il 70% della produzione viene esportata. Stiamo investendo nel digitale, siamo consci che sia il futuro. Ma per il calzaturiero è necessario l’approccio diretto ai mercati e il contatto con la clientela. Un primo intervento è quello di finanziare per tre anni, con un credito d’imposta del 50%, la partecipazione alle fiere”.
In attesa che da Assocalzaturifici arrivino notizie utili, come mini fiere o esposizioni volanti tra Milano e il mondo, i calzaturieri fermani lavorano su modelli e campionari: “Prototipi, test di qualità, promozione e gestione della produzione. È necessaria una misura che riduca i costi della ricerca sulla qualità, ma che sia pluriennale e che vada incontro allo stile, alla sostenibilità, alla difesa della manifattura” conclude Fenni.