FERMO – Infermieri, non se ne può fare a meno, ma non sono abbastanza. “Ci siamo illusi che le gravi carenze di organico e organizzative messe in luce dall'emergenza Covid potessero essere finalmente superate. I recenti casi di violenza ai danni degli operatori sanitari stanno passando da deplorevole eccezione a triste consuetudine ed è figlia di modelli organizzativi mai attuati” sottolinea Giuseppino Conti, presidente dell’Ordine professionale infermieri dorico.
Presente e futuro di una professione fondamentale sono stati al centro di un incontro dedicato al ‘burnout’, ovvero lo stress provato a lavoro che determina un logorio psicofisico ed emotivo. “La percezione del cittadino-paziente è di scarsa assistenza, liste di attesa lunghe, prestazioni inadeguate senza rendersi conto che non sono gli operatori sanitari, gli infermieri in primis, i responsabili del disservizio, ma che anzi sono le prime vittime di un sistema che va ripensato”.
Di fronte a questo quadro, Coni non ha dubbi: “Urgente attivare gli infermieri di famiglia e di comunità nel rispetto di un modello organizzativo che prevede queste figure e che tuttavia non sono ancora state attivate”. In Italia mancano 65mila infermieri, ce ne sono attivi 460mila e altri 30mila hanno scelto di andare all’estero.
“Il 60% di infermieri dichiara di sentire uno stress cronico persistente, appunto il burnout. Le motivazioni spaziano dagli aspetti economici e dalla difficoltà di progressione dello stipendio, a quelli organizzativi, al welfare che influenza le scelte professionali e che mette in difficoltà la conciliazione del sistema vita lavorativa - vita personale anche ricordando che il 78% degli infermieri sono donne” hanno ribadito i vertici dell’ordine.
Che hanno infine ricordato a tutti come “in un paese sempre più anziano sia necessario avere infermieri pronti e preparati. Se non si interviene oggi, magari con un commissario straordinario che incida sulla carenza, ci troveremo tra qualche anno senza professionisti”.