FERMO - Carlo Pagliacci è un piccolo ma dinamico editore: guida la Zefiro dal 2002 e ha mandato in stampa oltre cento libri.
Pagliacci, dal 1995 l’Unesco ha istituito la Giornata mondiale del libro, cosa ha significato questa scelta?
“Ha dato spazio a un luogo di elaborazione culturale, che è il libro. Luogo di crescita, visto che è una speranza, un viaggio nella fantasia che allarga gli orizzonti. Averne fatto il protagonista di una giornata, a dire il vero di giornate dedicate a qualcosa ce ne sono anche troppe, è un motivo di riflessione. No c’è nulla di banale, perché c’è il sapere dentro un libro, ci sedimenta l’umanità”.
Quanto è complicato essere un editorie oggi?
“Davvero tanto. Non si ha la consapevolezza di cosa significhi pubblicare un libro. Stamattina per la prima volta è disponibile sulle piattaforme online un e-book di Zefiro. Non più solo carta, ma anche digitale per ‘Mia madre aveva gli occhi azzurro cielo’ scritto dalla fermana Maria Letizia Lemme. Dopo la pubblicazione tradizionale, ecco il debutto digital. Questo significa che quel libro sarà disponibile ovunque. Una nuova avventura per Zefiro, necessità di stare attenti alle nuove tecnologie, al mercato che cambia”.
Che effetto fa un libro senza carta?
“Sono un lettore tradizionale che ama l’odore e lo stropiccio. Mi è capitato di usare i dispositivi ed è una abitudine da prendere. Due cose diverse, a me piacciono le pile di libri, le mie pareti colorate che sono conforto per conoscenza e vista. Nessuna guerra contro il digitale, ma non so quanto il file durerà, i libri vivono da secoli. Cosa succederà alle storie solo digitali?”.
La gente cosa vuole leggere?
“Zefiro ha aperto un percorso sulla narrativa che attira un pubblico ampio. Abbiamo gastronomia, storia e libri illustrati, ma la narrativa è inclusiva. Lo facciamo con autori locali, cogliendo la sensibilità in particolare tra il pubblico femminile. Non a caso nel gruppo di lettura che seguo più di due terzi di partecipanti sono donne”.
Come si sceglie il libro da pubblicare?
“Mi piacciono le tematiche sociali. L’ultima della Lemme è una storia di riscatto, ma anche nella Garofalo si trova la tutela del patrimonio ambientale. Stiamo lavorando con Corrado Virgili a un racconto maturo di Makki, purtroppo scomparso, che speriamo di celebrare con una iniziativa pubblica a luglio a Porto San Giorgio. E comunque alla base deve esserci la qualità dello scrivere”.
Gli sponsor sono sempre più importanti per pubblicare un libro?
“Per me ‘purtroppo’ no. Ma è anche una scelta essere editori liberi. C’è tanto lavoro di editing dietro una pubblicazione. Un esempio, Samuela Baiocco aveva scritto oltre 400 pagine e l’abbiamo portato a 260. C’è un investimento dietro ogni libro”.
Quanto è complicato creare la rete distributiva per i piccoli editori indipendenti?
“Complesso, soprattutto. Ora stiamo lavorando al nuovo sito, che sarà online entro un paio di settimane. Ci siamo accordati con un distributore nazionale grazie all’associazione di editori marchigiani. Le grandi case editrici hanno catene di vendita e distributore, ma non si può chiedere il 55% sul prezzo di copertina, non stampiamo 10mla copie a volume. Essendoci anche una valenza imprenditoriale va salvaguardato questo. Le piattaforme digitali, in questo, aiutano tanto i piccoli, non ancora Amazon”.
C’è un libro pubblicato che si porta nel cuore?
“La guerra di Nina, scritto da mia moglie Carla Chiaramoni. L’esperienza drammatica di una guerra raccontata con gli occhi di una bambina”.
Cosa legge Pagliacci al di fuori dai suoi libri?
“Sono un appassionato di fantascienza, di ogni genere, e poi tanta storia”.
Raffaele Vitali