di Francesca Pasquali
FERMO - È cominciata con dei cartelli comparsi davanti alle scuole di Porto Sant’Elpidio e Porto San Giorgio. E continua con una petizione online. Prende forza la protesta del Fermano contro la didattica a distanza.
Preoccupati per gli effetti che la lontananza da scuola potrebbero avere soprattutto sui più piccoli, un gruppo di cittadini ha preso carta e penna e scritto ai quaranta sindaci della provincia. Sono mamme e papà, nonni, insegnanti e professionisti che chiedono alle fasce tricolori di alzare la voce per accelerare la riapertura delle scuole, chiuse dal 3 marzo (le superiori, nelle Marche, erano chiuse dal 27 febbraio).
«Siamo consapevoli della sofferenza in cui versano le nostre strutture ospedaliere e ancora più colpiti dalla scia di morte che il virus ha lasciato sui soggetti fragili del territorio. Siamo però convinti che mortificare il diritto all'istruzione dei bambini in nome di un presunto aumento dei contagi nelle scuole sia un ulteriore danno per le nostre comunità», scrivono gli organizzatori della petizione, che rifiutano l’idea che i contagi aumentino con le scuole aperte.
Nelle Marche, il picco di classi in quarantena (492) c’è stato il 3 marzo: il 13,82% all’infanzia (su 1.538), il 29,47% alla primaria (3.433), il 28,66% alle medie (su 1.979), il 28,05% alle superiori (su 3.478). Più alti della media regionale, tranne che per le superiori, i dati aggregati del Fermano e dell’Ascolano (l’Ufficio scolastico è unico, ndr): 13,95% all’infanzia (su 385), 30,23% alla primaria (su 828), 32,56% alle medie (su 485), 23,26% alle superiori (su 882).
«La scelta governativa di legare le chiusure alla zona rossa e di lasciare discrezionalità a presidenti di Regione o sindaci di operare su un tema che meriterebbe unità nazionale, ci ha spinto a rivolgerci ai decisori locali, per chiedere l'impegno per la salvaguardia di un diritto costituzionale», prosegue la lettera di genitori e insegnanti, che sperano nella conferma delle voci di riapertura, dopo Pasqua, almeno per i primi cicli. «La didattica a distanza – proseguono –, pur utile e innovativa nell'emergenza, non è che un pallido sostituto della vita scolastica e scarsamente efficace nei cicli inferiori».
Non solo. Tenere i bambini a casa costringe tante mamme ad assentarsi dal lavoro. Ma può anche esporre al contagio i nonni trasformati in babysitter. Da qui l’appello ai sindaci di «farsi voce delle famiglie, dei lavoratori e delle lavoratrici e dei bambini e ragazzi, chiedendo al Governo nazionale di non rinnovare la previsione della chiusura delle scuole dopo il 6 aprile».