di Francesca Pasquali
FERMO - «Non basta impartire delle regole. È la responsabilità a darci la capacità di distinguere e, dunque, di scegliere». Parole scritte in bianco su fondo nero. Parole di don Luigi Ciotti, scelte per aprire “Il mio nome non ha importanza”, il corto realizzato dagli studenti delle superiori, punto di arrivo della seconda edizione di Generyaction. Un progetto maturato in un anno difficile, che ha però trovato la sua strada.
Nove gli studenti che ci hanno messo anima e corpo: Sofia Amici, Annalaura Cola e Martina Santori del Liceo classico “Caro”, Giuseppe Biancofiore, Francesco Grilli, Manuel Mancinelli, Alessio Sabbatinelli e Leonardo Cesetti dell’Iti “Montani” e Francesco Trotti dell’Itet “Carducci Galilei”, che si è anche occupato del montaggio sotto l'occhio del regista Giordano Viozzi, il professionista del progetto. Ma la vera sorpresa è arrivata dall’Isc “Nardi” di Porto San Giorgio dove studia il giovanissimo Aldo Cola, protagonista del corto stoppato dal lockdown di primavera e ripreso in mano a settembre.
Quattro minuti intensi, in cui i ragazzi, che hanno anche scritto la sceneggiatura, hanno dato prova delle loro capacità di attori. Parla delle scelte che ti cambiano la vita, “Il mio nome non ha importanza”. Quelle che si fanno ogni giorno, a cui magari, lì per lì, non si dà peso, ma che sono cruciali. E parla di droga, di come le vite dei giovani possano prendere strade diverse a seconda delle scelte che fanno.
Come il Batman ragazzino (Cola) che esce dallo schermo per diventare un supereroe in carne e ossa. Senza un nome, perché ognuno, a suo modo, può esserlo. Collegati da casa, stamattina c’erano circa duecento studenti. Compagni di classe di quelli che ci hanno messo la faccia. Sorridono e si complimentano con i loro amici per il lavoro fatto. Che non resterà nel cassetto, ma proverà a spiccare il volo. Partecipando ai festival, per farsi conoscere.
Il primo sarà quello della Comunità di Capodarco. «Siete stati eroici. Fare un corto di quattro minuti significa tenere conto di tutta una serie di dettagli. Vediamo tanta tv, sembra facile, ma non lo è», ha detto don Vinicio Albanesi che ha promesso di portare il corto all’Altro Festival, nella sezione “Fuori concorso”. «Lo faremo votare lo stesso dalla giuria e sarà proiettato – ha aggiunto – perché ha un approccio intelligente e contenuti raffinati».
«Ho grande stima dei ragazzi che, di solito, divido in tre blocchi: una grande massa incerta che aspetta gli eventi e ondeggia, una parte più triste che si perde e una parte che, fin da piccola, sa quello che vuole fare». A sentirli, la maggior parte dei giovani che hanno partecipato al progetto, sono nel terzo gruppo. A partire dal più piccolo. «È stato bellissimo. Mi è piaciuto molto partecipare a questo film. Avevo già fatto qualcosa di simile l’anno scorso al centro estivo. Sono state bellissime esperienze» ha detto Cola-Batman.
«Ho una grande passione per il videomaking che voglio far diventare un lavoro. Mi porterò dietro tutti i momenti più belli di questo progetto», il commento di una ragazza. «Non so che farò in futuro, ma quello che ho imparato lo custodirò per essere pronto se la vita mi metterà sulla strada queste conoscenze», le parole di un altro studente che ha partecipato al corto.
Ad aiutare i ragazzi sul set c’era l’attrice montegiorgese Rebecca Liberati. Della regia, inizialmente affidata ad Alberto Del Bello, si è occupato il serviglianese Giordano Viozzi. «L’entusiasmo che trapela oggi – ha spiegato – è forse meno della metà di quello che i ragazzi hanno messo in campo il giorno della ripresa. C’era elettricità sul set, che dimostra passione verso la realtà espressiva del cinema». Il progetto è frutto di un doppio finanziamento Provincia-Miur.
«Sono contenta che la progettualità messa in campo stia portando frutti importanti. È un piccolo seme che spero molti ragazzi vorranno raccogliere e custodire», le parole della presidente della Provincia, Moira Canigola. «Quando riesci a tirare fuori un tale entusiasmo – ha aggiunto il vicepresidente Stefano Pompozzi –, sei soddisfatto perché sai che sei riuscito, come ente, a realizzare un buon lavoro. La tenacia e la costanza dimostrate dai ragazzi è la maggiore prova della loro maturità».
Collegata da Roma, la vicedirettrice dell’Upi (Unione Province d’Italia), Claudia Giovannini, ha sottolineato il ruolo delle Province nell’ambito delle politiche giovanili. «Per la prima volta dopo tanti anni, è cambiata la considerazione dei nostri enti da parte del Governo. C’è stato il riconoscimento del supporto che le Province danno sia ai Comuni sia alle giovani generazioni. Questo progetto è una testimonianza dell’impegno delle Province nei confronti delle politiche giovanili», ha detto, prima di annunciare l’incontro, a gennaio, con il Governo per nuova tranche di finanziamenti destinati proprio alle politiche giovanili.
Toccante, sul finale, il videomessaggio di don Ciotti, dopo quello di Paola Senesi. «Gli incontri ci illuminano, le collaborazioni ci trasformano, insieme si possono realizzare cose più grandi. Cinema, teatro e arte raccontano situazioni che ci passano sotto gli occhi nella vita vera. Filtrandole, ce le restituiscono più vive e autentiche per svelarci i significati essenziali», le parole del presidente di Libera, che ha invitato i ragazzi a coltivare la loro creatività «per imparare a esprimersi fuori dalle regole conformistiche che la società tende a imporci».