di Raffaele Vitali
PORTO SANT’ELPIDIO – E’ tornata la calma, ma il timore è cche duri poco. Solo una cosa potrebbe difendere davvero gli chalet di Porto Sant’Elpidio: un bunker. Chi l’ha realizzato, sono un paio, ha superato la notte indenne. Ma sono gli stagionali, non si può chiedere a un ristoratore di tappare tutto e sperare. E allora? Non resta che andare avanti.
Sindaco Nazareno Franchellucci, stanco?
“Decisamente, è stata una giornata lunga dopo una lunghissima notte”.
A mente fredda come legge la situazione?
“Difficile essere lucidi nel fare analisi sulla questione. Situazione drammatica sotto tanti punti di vista. Dalle infrastrutture pubbliche a quelle private, i danni sono enormi”.
Quale la paura?
“Le previsioni per il fine settimana sono pesanti. Lo dicono per Venezia e potrebbe valere per noi. Quindi ho paura”.
Cosa si può fare?
“Bisogna continuare a tarare dritto. Continuare su questo percorso con la Regione. Andare avanti e far sì che le cose avvengano, ognuno per le proprie competenze”.
L’elemento chiave non è il tempo?
“Ed è legato al finanziamento. Avere i soldi fa partire le procedure. Perché un conto è tardare sei mesi, un altro non sapere se abbiamo le risorse”.
Sbagliato qualcosa in questi anni?
“Noi ripetiamo da tempo che abbiamo bisogno delle scogliere emerse. E in passato, non parlo di questa Giunta, sono stato deriso. Purtroppo noi abbiamo bisogno della barriera. L’acqua è arrivata in strada anche a Civitanova, pensiamo a cosa accade nella nostra città. Ormai le scogliere emerse potrebbero non essere più sufficienti, ma di certo sono più che mai necessarie. Che siano una soluzione non lo sappiamo, ma è chiaro che un occhio a chi ci sta vicino lo buttiamo. Oggi l’unica protezione tra noi, intesi come città, e il mare sono uno stabilimento balneare o le scogliere”.
Soluzioni?
“Le barriere soffolte non portano a niente. Noi sappiamo che il percorso è giusto, ma siamo amareggiati che non sia partito molto prima, negli anni in cui altri Comuni invece agivano. Certo, se qualcuno mi avesse ascoltato nel 2014, qualche anno lo avremmo guadagnato”.
Rimorsi?
“Non lo auguro al mio peggior nemico e neppure a chi mi insulta sui social di vivere da sindaco l’impotenza di fronte alla natura. Sono stato da Alessandrini e davanti a noi c’era la forza che non potevamo fermare. In mezz’ora ha distrutto tutto”.
Chiudiamo il capitolo emotivo. Cosa resta dopo la mareggiata?
“Gli operai sono rimasti in azione fino a sera. Parliamo di almeno 400 mila euro di danni, tra pubblico e privato. Sarebbe bello cercare una modalità per ristorare i privati dei danni subiti. Non tramite il canonico percorso della richiesta dello stato di emergenza, ancora aspettiamo la risposta di quella del 30 ottobre del 2018. Penso a strumenti diretti, canali di finanziamento locali”.
Paradossalmente, danni ma strutture tute agibili?
“In piedi, con l’orgoglio di chi non si ferma di fronte a nulla. Tanti allagamenti e danni. Solo che questa è la prima mareggiata. Chiarisco subito che i sacchi non sarebbero stati utili”.
Spostamento delle strutture è la soluzione?
“Parlare oggi di spostamento è impossibile. Non solo per come è strutturata la città, ma anche per l’evoluzione delle concessioni demaniali. Chi investe in queste condizioni? L’erosione avanza, la costa andava protetta. Porto San Giorgio e Fermo insegnano”.
Danni comunali?
“Dalle piantumazioni al deterioramento della camminata. E dobbiamo verificare tutti gli impianti elettrici, è presto capirlo. E poi migliaia di euro di lavori di ripristino. Faccio un esempio semplice: mare così alto che ha tappato tutti gli scolmatori dell’acqua chiara. Questo significa che vanno chiamate le ditte per riaprirli e rimetterli in funzione, altrimenti si allaga la città. Il danno gigantesco è da ripristino”.
Andrà in Regione?
“Sì, perché c’è un iter che vorrei andasse avanti, perché poi si aprono i canali chiave come la commissione ministeriale Grandi Rischi. E accadrà non appena il Piano della costa sarà approvato dal Consiglio, forse entro un paio di settimane”.