di Raffaele Vitali
FERMO – Il console generale d’Italia, Guido Bilancini, non è voluto mancare alla firma dell’accordo di cooperazione tra distretti e imprese calzaturiere delle Marche e della regione del Sichuan (Chengdu). “Le Marche da tempo hanno investito in questa area e sono contenuto perché dalle Marche arriva parte della mia famiglia. Un accordo che dà spazio alla qualità manifatturiera delle Marche e garantisce lo sviluppo industriale in Cina” precisa il console.
Una conferenza stampa che unisce i due mondi. Nella sede di Confindustria Centro Adriatico, che ha voluto questa intesa, ci sono imprenditori (Valentino Fenni e Alberto Fasciani) e politici (Andrea Putzu e Guido Castelli) oltre che il presidente della Camera di commercio delle Marche, Gino Sabatini. Non è un dettaglio la presenza della politica.
“I cinesi tengono molto alla forma, l’istituzione per loro è davvero un riferimento. E infatti, per quanto riguarda la proprietà intellettuale che è una delle ferite aperte per il nostro settore, hanno molti meno problemi con Germania e Francia. Questo perché – spiega Alberto Fasciani, vicepresidente dei calzaturieri e vero artefice dell’intesa – le altre Nazioni si muovono sempre a livello statale o regionale. Oggi lo abbiamo fatto anche noi grazie al supporto di ogni tassello regionale”.
Questa volta gli imprenditori hanno puntato in alto per ottenere il massimo. “Un accordo raggiunto dopo due anni di dialogo, la pandemia ha allungato i tempi dopo l’incontro internazionale tra istituzioni e aziende” spiega Fasciani.
I cinesi, che sono intervenuti in massa con tutti i vertici della regione interessata, sindaco di Lezhi incluso, chiedono supporto per produrre in loco e aiuto nel design. “Da dieci anni siamo una delle aree principali grazie allo sviluppo infrastrutturale, parliamo di 400km di nuove strade. Possiamo garantire ogni tipo di investimento. Alimentare e medicina sono la priorità, poi abbigliamento e calzature con un grande sviluppo del digitale. L’Italia è uno dei primi paesi con cui collaboriamo, perché qui amano la moda e infatti tra i primi dieci marchi del lusso comprati in Cina ci sono italiani, da Ferragamo a Tod’s fino a Prada”.
Ma lo sviluppo dell’area ha un avversario. “Subiscono la concorrenza del Vietnam e dell’India. Loro producono prodotti basilari e hanno bisogno del know how italiano. Certo, questo sarebbe stato il loro accordo, ma è chiaro che a noi serviva ben altro” riprende Fasciani.
Il distretto ha al suo interno aziende che possono investire in tecnologia e uffici design. Ma a fronte di uno scambio equo. “Piattaforme per la vendita di prodotti italiani in Cina, per cominciare. Noi portiamo know how ma loro ci aiuteranno a entrare nel mercato cinese che è quasi impossibile tranne mercato molto difficile tranne che per grandi gruppi. Per riuscire nell’impresa, loro investono 55milioni di euro. E con una clausola chiara: se non entriamo con i nostri prodotti, mai porteremo conoscenza” precisano Fasciani e Fenni.
Le critiche nel corso dei mesi per questo accordo non sono mancate dentro il mondo dei calzaturieri fermani. “Giustamente, prima di tutto bisogna affrontare le problematiche relative alla proprietà intellettuale. Intanto relazioni umane. Non portiamo produzioni in Cina, ma ci avviciniamo a una regione sperimentale per il governo cinese, la base della via della Seta. Una regione che ha 90milioni di abitanti e ha un tenore di vita molto alto”.
Garantire i marchi è fondamentale: “Firmare questo accordo insieme con i vertici della regione rafforza la posizione del distretto calzaturiero e ingenerale le relazioni commerciali. Prossimo step è coinvolgere il Governo, non abbiamo ancora visto un ministro parlare di calzaturiero, in particolare con la Cina. Noi ci impegniamo, creeremo un canale preferenziale e questo, come ha detto il console, è un passo fondamentale” ribadiscono i due imprenditori.
In Cina, nella ricca zona, sorgerà un grande showroom per le scarpe italiane: “L’accordo prevede che noi venderemo in sicurezza, loro acquisteranno i nostri prodotti e noi li aiuteremo a superare la concorrenza con gli altri mercarti. E anche su questo potremmo avere dei benefici, visto che abbiamo anche tipologie di imprese interessate a lavorare in Cina”.
Se i cinesi investono 55milioni di euro, le Marche stanno valutando come impegnarsi: “Il calzaturiero rappresenta il nostro fiore all’occhiello. Qualità e capacità di innovazione si sposano in maniera esemplare. Il made in Italy e il fashion trovano nel distretto fermano maceratese una delle maggiori espressioni. Confindustria centro Adriatico dà un importante impulso, questo accordo può favorire lo sviluppo industriale cinese, ma è soprattutto una occasione per il distretto che ha perso mercato durante la pandemia. L’interscambio commerciale sarà una grande occasione per tutti” riprende Guido Castelli.
A cui fa eco Andrea Putzu, il fermano che guida la commissione Sviluppo economico in Regione: “Voi siete ripartiti prima di noi italiani, ma oggi siamo qui per muoverci insieme. Confindustria Centro Adriatico sta dando alle imprese associate, ma anche alle altre, la possibilità di affacciarsi nella Cina occidentale”.