di Raffaele Vitali
MILANO – Nove anni dall’ultima Coppa Italia, 17 dall’ultima finale. Bastano questi due numeri per far capire quanto fosse importante per la Vuelle Pesaro partecipare, e vincere partite, alla Final 8 di Milano. Un’attesa che diventa fame, grinta, tigna.
Un’attesa che si trasforma in festa alla sirena. Domani, alle 18.15, torna la grande classica Milano – Pesaro. Eh sì, non è un amarcord, è il sogno che diventa realtà grazie a un gruppo che ha una forza mentale da Eurolega in un corpo da prime otto in campionato. Ha vinto la semifinale la Carpegna Prosciutto, ha vinto una città che vorrebbe riempire il Forum di Milano e che invece non può che fare festa davanti allo schermo (68-74).
LA PARTITA
Il primo quarto è semplicemente inguardabile. Ma se lo aspettavano tutti, probabilmente anche resa, mai così calmo di fronte a errori dei suoi. Ma la Carpegna Prosciutto Pesaro e l’Happy Casa Brindisi meno di 24 ore prima della loro palla a due erano ancora in campo. Si contano più palle perse che canestri, soprattutto in casa pugliese. Pesaro vive di piccole folate e quando sbanda si affida alle spalle forti di Cain, che domina a rimbalzo. Si chiude così il primo periodo, con una tripla di Zanotti, forse il giocatore che è migliorato di più da inizio stagione. Lo ha capito il coach che sta facendo innamorare la città di Rossini di questa squadra anche quando gioca in giallo, per onorare il suo sponsor e la famiglia Beretta che si presenta al Forum al gran completo. E si sa, che se il basket ti entra dentro, poi è difficile allontanarsene.
Nel secondo periodo sale in cattedra Justin Robinson, il play tascabile che ogni tanto qualcuno mette in discussione ma che è un vero incubo per gli avversari. Tanto piccolo quanto veloce, Robinson è una specie di cubo di Rubik, quando sei convinto di aver capito come controllarlo, cambia colore. Nel suo caso, finta, palleggio e tripla, oppure penetra e scarica con il compagno pronto sulla riga da tre punti. Quella riga che piace ai pesaresi: Zanotti, Drell e Filloy sono solo gli ultimi ad alzare al cielo le tre dita dopo il canestro (27-40).
Brindisi è davvero irriconoscibile, forse in troppi hanno festeggiato il neo papà Thompson. Ma l’intervallo lungo serve a coach Frank Vitucci innanzitutto per calmarsi, ha preso un tecnico, poi per spiegare ai suoi giocatori che se no difendono, viste le mani fredde, c’è poco da fare. sembrano aver capito la lezione i brindisini, ma in realtà è Pesaro che regala qualche pallone. Fino a quando Carlos Delfino, il capitano che ha chiuso i primi due quarti a quota zero, entra in partita con due triple consecutive che scavano un piccolo solco (31-47).
L’acido lattico si riflette sulle scelte dei giocatori, visto che in campo ci sono due squadre abituate a girare il pallone, Repesa ci ha costruito la sfida sulla circolazione di palla, ma che finiscono per affidarsi al singolo. Ma senza Lebron tra i dieci in canotta diventa difficile inventare, solo che Bell non lo ha capito. Ennesimo ferro che diventa contropiede della Vuelle chiuso con l’ennesima tripla del terzo periodo.
Tutto facile, anche troppo. Solo che si gioca in un palasport vuoto, non c’è nessuno che ti batte le mani e ti ricorda che non puoi distrarti. Solo Repesa può farlo ed è costretto a intervenire visto che Brindisi risorge grazie a un paio di regali dei biancorossi in giallo. Un blackout infinito per Pesaro, rotto da Justin Robinson rimesso in campo dopo troppi minuti in panchina (45-52).
I tanti collegati in tv si ritrovano così dentro una vera partita, dopo che la semifinale era diventata una passeggiata. Il momento difficile di Pesaro è fotografato dall’errore di Drell, ma il rullino è lungo, c’è tempo per migliorare il soggetto. Justin Robinson è un play di sistema, ma quando i suoi sono in difficoltà non ha problemi a fare tutto da solo, costruendosi il tiro dal palleggio. Quello che fa anche l’altro Robinson, Gerald, che punisce dall’angolo (57-61).
L’ossigeno è di nuovo il grande assente del quarto periodo, almeno per i primi minuti. Finalmente una palla giocabile arriva nelle mani di Cain quando è spalle a canestro: tiro, fallo subito e due su due ai liberi. Brindisi traballa, Justin Robinson le dà una spallata con una giocata che imbarazza Bell più di quanto già ha fatto l’americano di Vitucci nel suo nulla precedente (59-70).
Finita? Macché. In due minuti la paura di vincere fa sudare le mani pesaresi, Brindisi come Sassari ieri ci crede. E allora Repesa richiama Delfino per gli ultimi 90 secondi, che sembrano infiniti. Il capitano è al posto giusto al momento giusto, quello che convince Paternicò a fischiare un fallo antisportivo a Brindisi che chiude il match dopo l’errore di Visconti a cinque secondi dalla fine che poteva valere l'immeritato sorpasso.