di Raffaele Vitali
PESARO - Gianmaria Vacirca è il responsabile mercato di Tortona. Ex direttore generale della Sutor ed ex anima del nuovo progetto della Luciana Mosconi in serie B, vive da sempre di basket, moda e buon cibo. Il suo blog, basketkitchen accompagna da anni gli amanti della palla a spicchi tra ristoranti e vinerie. È la guida perfetta per entrare dentro le Final Eight di Coppa Italia che da oggi, ore 18 la prima sfida tra Milano e Sassari, a domenica riempiranno il palasport di Pesaro
Vacirca, Final Eight a Pesaro, ma senza la Carpegna Prosciutto. Cosa cambia?
“Tanto, ma spero di sbagliarmi, a livello di pubblico. Due anni fa fu un successo straordinario. La ricordo come una delle più belle da quando sto nel basket e ne ho vissute otto di finali. Mai una edizione così ben riuscita a livello di pubblico, nonostante la squadra fosse ultima e virtualmente retrocessa. Se vogliamo è stato l’ultimo vero spettacolo di pallacanestro fino a oggi in Italia. Il sogno di tutti era di ripartire da Pesaro, dove eravamo rimasti. Ma non è ancora finita la pandemia. Purtroppo non ci sarà la Vuelle, che un anno fa arrivò in finale generando grande entusiasmo, ma lo spettacolo è garantito”.
Un po’ freddo il clima che porta alla Coppa Italia, non crede?
“Intanto ci sono Milano e Bologna e questo crea grande aspettativa. È il secondo atto di una grande sfida, dopo la Supercoppa. Anche se la Coppa Italia riserva sorprese. Ci sono squadre che arrivano con motivi di entusiasmo diversi. Brescia come la più in forma del campionato. Tortona con l’entusiasmo della neopromossa. Trieste con i crismi della rivelazione. Sassari con un allenatore che a Pesaro ha lavorato e ha tradizione. Trento è invece in una fase difficile, come Brindisi che può però tutto”.
Reggio Emilia la grande assente. Sarebbe stato bello cavalcare l’exploit di Cinciarini e la sua tripla doppia, la prima di un italiano in serie A.
“Loro Hanno perso la gara chiave contro Tortona. Su Cinciarini, tanto da dire. L’avevo visto in pre campionato e già pensavo ai complimenti per un giocatore che ha saputo restare in forma perfetta. Ha una cultura del lavoro incredibile e una testa superiore alla media. Non mi stupisce in nulla proprio per il suo modo di vivere il basket. Un esempio che tanti ragazzi giovani dovrebbero seguire. C’è un motivo se tanti campioni durano nel tempo, è la disciplina”.
Niente Vuelle, ma tante Marche in questa Coppa, lei pure si sente di giocare in casa?
“Penso il Derthona sia la più marchigiana delle squadre, dalla testa ai piedi visto che indossiamo scarpe Fabi. Marco Picchi, il presidente, è un mezzosangue, la nonna Vallorani è di Offida. Si trasferì a Tortona da giovane e incontrò Pietro Picchi, nonno del presidente. Quando il Derthona venne a vincere la Coppa Italia di A2 a Jesi, prima della finale andammo tutti a Offida alla chiesa di Santa Maria della Rocca. E da allora io ci vado ogni anno a inizio stagione. E poi c’è Luca Severini in campo. A questo si aggiungono l’amministratore delegato Ferencz Bartocci, che segue tutto quello che non è tecnico, e il direttore sportivo Vittorio Perticarini, con cui ho condiviso tre Coppe in maglia Sutor. Quindi, loro sono i veri marchigiani. Io ho fatto il percorso inverso. Chiaro che la nostra squadra raccoglierà tanti tifosi locali e questo farà vivere la partita in maniera ideale”.
Tanta Sutor dei tempi d’oro. Ma le Marche ci sono anche in altre squadre?
“Il giocatore italiano più elettrizzante è il play della Virtus Pajola. Cresciuto alla Stamura, un giocatore unico per qualità in campo, per la struttura fisica. Sia in attacco sia in difesa può essere un fattore e ha ottime referenze come ragazzo. Se devo pensare a un esempio di ragazzo italiano che gioca è proprio Pajola. Un vero modello di riferimento”.
Poi ci sono Boccolini, Danesi e Panichi, scuola marchigiana di preparatori. I migliori nascono nelle Marche?
“Giustino è di Campli ma è cresciuto a Montegranaro. Gli atri due sono prodotti della regione, come il vice allenatore di Sassari Giacomo Baioni. C’è una grande scuola, a a cui aggiungo Torresi di Cremona, ognuno con le sue idee, ma dimostra che c’è una cultura al lavoro”.
In questa Coppa, venerdì di risposo, ha senso?
“Break vitucciano. Lo ha sempre chiesto Frank Vitucci per non penalizzare chi faceva i quarti il secondo giorno. In questo modo le gambe saranno riposate per tutti. Ci sta, questo permette ai dirigenti anche di trovarsi, confrontarsi sulle riforme del basket con più calma”.
Il basket avrà attenzione mediatica in questi giorni?
“Ce l’avrà, ma è chiaro che bisogna lavorare per averne di più. Chiaro che una finale Virtus-Milano attirerebbe. Se Bologna va avanti porterà gente, insieme con Brescia sono quelli più seguiti. Questo lo sanno tutti, ma sono certo che anche da Tortona arriveranno tifosi, anche se la speranza è di esserci sabato”.
Coppa Italia a Pesaro, per lei significa anche Fabio ‘Puntone’ Renzi, scomparso poco più di un anno fa. Quanto manca al basket?
“Difficile rispondere a questa domanda. Due anni organizzai con Fabio Renzi pranzi e cene per tante squadre e amici. Ricordo il pranzo al Cozza Amara e poi l’aperitivo nella terrazza dell’albergo. Insieme scrivemmo la guida dei ristoranti per i partecipanti. Quindi, tornare a Pesaro e non avere la sua compagnia mi segna. Non semplice, ma non ci posso far niente”.
Il posto da non perdere per una cena dal sapore cestistico?
“La Gioconda a Gabicce Monte, senza dubbio, insieme con la Canonica. Invece per posti rapidi, l’Osteria del Viale in cui ho mangiato l’ultima volta con Fabio insieme con Buffa e Scatigna; il Cozza Amara dove ho organizzato l’ultimo pranzo del basket; la pizza Rossini al C’era una volta dove ho mangiato con Meo Sacchetti dopo l’eliminazione, grazie a Fabio Renzi che ci ha trovato un tavolo anche se era pienissimo; e poi il Tipo Pub di Simone Flamini, che ho vissuto sempre con Fabio e Rossano Ronci. Questi i consigli, non ci sarà una guida completa, perché senza Fabio non la scrivo ma in questi luoghi lo ritroverò”.