di Raffaele Vitali
MONTE URANO – Nessuno sa esattamente cosa sarà e come si svolgerà. Tranne gli organizzatori. Ma una cosa è certa, Monte Urano per due giorni sarà al centro dell’attenzione mediatica con il FəmFest. A una lettura veloce del titolo, molti hanno pensato a un festival dedicato alla famiglia, ma il focus è tutt’altro e infatti non è una A la prima vocale ma una E rovesciata.
Per la prima volta, va in scena una due giorni in cui si parlerà del transfemminismo. “Una lotta che include le voci delle persone trans e non binarie. Riteniamo infatti che la liberazione dall’oppressione di queste identità sia inevitabilmente legata alla liberazione di tutte - spiegano le organizzatrici dell’associazione Common Bubble -. Partendo da questo presupposto, l’intersezionalità è una teoria e metodologia che prende in considerazione diverse categorie ed identità: genere, razza, classe e altro e tiene conto di come queste interagiscono tra di loro per creare situazioni di privilegio ed oppressione”.
Inevitabile che si aprisse una discussione. Tanto è stato il ‘rumoreggiare’ all’interno della comunità di Monte Urano, che è intervenuto sul sito della diocesi anche l’arcivescovo Rocco Pennacchio, esponente tra l’altro dell’ala della chiesa più aperta, se vogliamo più bergogliana. “Nella sua testimonianza, la Chiesa ricorda alla società che deve saper accogliere ogni persona indipendentemente dal suo orientamento sessuale e combattere ogni discriminazione. Ma la giusta rivendicazione dei diritti di libertà – è la mia opinione – non può arrivare alla pretesa di confezionare diritti su misura di ogni “categoria”, sia per l’insostenibilità, alla lunga, del modello sociale, sia perché si tratterebbe di inseguire una realtà in rapido e continuo mutamento. Questo tema, del bilanciamento dei diritti individuali con le esigenze del bene comune, non riguarda tanto la Chiesa quanto le istituzioni che ci governano”.
Domani e domenica l’obiettivo degli organizzatori è quello del dialogo. “Il FəmFest, il primo festival delle Marche dedicato ai temi del transfemminismo intersezionale, prende vita grazie a una serie di workshop, laboratori, presentazioni di libri, conversazioni e performance artistiche che si terranno nel centro storico. Vogliamo promuovere inclusione, celebrazione delle diversità, musica, arte libera e gioia di condividere pensieri e riflessioni con personalità esperte del settore” proseguono le socie di Common Bubble che hanno pensato anche a laboratori di educazione femminista.
Temi reali, delicati, da affrontare in maniera seria e approfondita. Forse è nel metodo che la curia avrebbe sperato in qualcosa di meglio. Ma Pennacchio si conferma una guida illuminata per la comunità cattolica, anche per quella che lo vorrebbe invece in trincea contro il ‘nuovo’ da conoscere.
“L’atteggiamento spirituale di fondo – riprende l’arcivescovo - dev’essere di apertura a ciò che accade e, solo perché è “nuovo”, ci spaventa. Non ha senso chiudere gli occhi di fronte alle questioni poste dal FəmFest, perché non corrispondono ai cliché rassicuranti a cui siamo abituati oppure perché pensiamo che non accadrà nulla di simile nella nostra famiglia”.
Non condividere è lecito per Pennacchio, ma bisogna fare attenzione: “Ogni volta che persone concrete vengono ferite, penso per esempio alla violenza di genere che è molto diffusa, non possiamo rimanere indifferenti. Accogliendo le istanze di tutti, i cristiani non rinunciano a proporre la bellezza dell’amore tra uomo e donna, un amore che sa aprirsi alla vita ed è fecondo per la Chiesa e per la crescita della società. Chi vive anche superficialmente a contatto con le nuove generazioni sa bene che i giovani hanno da tempo risolto tante questioni che a noi adulti creano turbamento. Il FəmFest potrebbe aiutarci a prendere coscienza di una realtà che va rapidamente cambiando e che, se non cerchiamo di conoscerla, andrà comunque avanti per la sua strada”.
Apertura quindi, partendo dal fatto che si potrebbe lavorare su una condivisione maggiore quando si affrontano tematiche così profonde e legate alla società, “perché ogni momento di dialogo e confronto è auspicabile. Intendiamoci, non abbiamo la pretesa di essere consultati previamente ogni volta che si parla di temi sensibili; tuttavia, ci fosse stato richiesto un parere in fase di programmazione, non ci saremmo sottratti, anche per smontare i pregiudizi che troppo spesso vedono la Chiesa in posizione retrograda o di chiusura”.
La chiusura è dedicata a una critica a un’altra delle iniziative che da qualche anno caratterizza Monte Urano: “Chi amministra ha la responsabilità di esercitare il giusto discernimento sulle proposte culturali da accogliere e proporre ai cittadini, chiedendosi sempre se un’iniziativa può far riflettere e maturare i cittadini ed è corrispondente a modelli culturali condivisi dalla comunità. Giusto per fare un esempio, mi chiedo se – conclude Pennacchio lasciando sul tavolo della sindaca Canigola la domanda - per la crescita civile e sociale del nostro territorio sia decisivo proporre annualmente il Festival dell’horror e della paura?”.