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Fermo, studenti e Cgil compatti: 'no' a questa PCTO. Baldacci, Uniurb: "La scuola deve formare cittadini, non lavoratori"

14 Febbraio 2025

di Raffaele Vitali

FERMO – “Come dare un posto nella vita ai nostri giovani? Come farlo al meglio partendo dalla scuola? Come farli crescere come persone”. Una strada, da anni, è quella dell’alternanza scuola-lavoro, oggi chiamato Pcto. “Ma quella in realtà è ancora” sottolinea la segretaria nazionale della FLC Cgil che è arrivata appositamente a Fermo per ricordare e riflettere attorno alla morte di Giuseppe Lenoci.

Un presidio in piazza del Popolo, affidato alla rete degli studenti Medi e poi alla riflessione all’auditorium San Filippo, aperta da Enzo Di Vita, segretario provinciale FlLC: “Abbiamo voluto questo incontro per parlare di un Paese di canzonette, che non si fermano neppure mentre fuori si muore. Tre anni fa la prima sensazione fu di dolore, poi la rabbia, poi la protesta e infine la riflessione. Che noi facciamo con gli studenti”.

“Ci sentiamo troppo spesso manodopera a costo zero. La scuola non può e non deve diventare un luogo di morte. La Pcto così come è serve solo ai giovani per capire che il lavoro che li attende è precario e insicuro. Ma si dovrebbero normalizzare i diritti, non la precarietà”. Così uno degli studenti intervenuti durante il presidio in piazza del Popolo. Un presidio organizzato dalla Flc Cgil e dalla Rete degli Studenti Medi, dedicato alla formazione, al Pcto, alla scuola e al futuro.

Il mirino politico della sinistra in piazza è puntato sull’ex premier Renzi e la sua riforma della Buona Scuola. “Questa alternanza va abolita” tuonano. “Ci vengono a prendere nelle scuole per il guadagno di altri. Giuseppe Lenoci non doveva essere lì, è stato usato come manodopera. Ma scuola e lavoro sono diversi” ribadiscono.

Per lasciare poi la parola alla segretaria nazionale Flc Cgil, Gianna Fracassi: “Giustizia non è stata fatta per Lenoci. Dovevano riflettere i legislatori e invece oggi il ministro Valditara vuole estenderla, farla iniziare a 15 anni. È evidente che la sicurezza è un tema che non interessa, per cui dobbiamo continuare a lottare insieme”.

Nel merito dell’alternanza entra Massimo Baldacci, docente dell’università di Urbino e presidente di Proteo Fare Sapere: “In un’epoca di neoliberismo, la scuola è vista in un paradigma funzionalista, è diventata uno strumento dello sviluppo economico. È quindi vista come subalterna al mondo delle imprese, serve solo a formare capitale umano per il sistema produttivo. E invece dovrebbe formare i cittadini. In Italia addirittura vorremmo una formazione ‘chiavi in mano’ dalla scuola alle imprese”.

È evidente che non basti la conoscenza e servono competenze: “Le competenze necessarie al sistema produttivo? Quelle acquisite a scuola rischiano di rimanere incapsulate in questo contesto e di risultare trasferibili nelle concrete situazioni di lavoro. I neo assunti quindi devono apprendere on the job una capacità di prestazione professionale, da qui lo stage in azienda come strategia per favorire il trasferimento diretto da quanto si impara a scuola a quello che si farà nel luogo di lavoro” prosegue il docente.

Il problema è però come viene attuata la Pcto: “E’ dominata dall’azienda, che non vuole giovani choosy, come disse la Fornero, ma disponibili alle richieste dell’azienda. Ma cosa imparano i giovani? Si vuole che il giovane si adatti alle necessità aziendali, quiescente al comando sul lavoro, che impari che è impotente rispetto al sistema e quindi deve rassegnarsi e adattarsi. Questa alternanza rappresenta l’inizio di un appiattimento al lavoro dominato dall’aziendalismo, dal neo liberismo. Ma non vi è utilità pedagogica e capisco che gli studenti ne chiedano l’abolizione”.

Ma c’è altro, secondo Baldacci: “La scuola deve chiudersi nel rapporto con la società, con il mondo del lavoro? La pedagogia progressista ha un principio, il lavoro è un principio educativo. Lo diceva anche Marx che il lavoro è parte della realtà sociale e che una scuola che vuole aprire gli occhi del giovane alla realtà non può sfuggire al confronto con il mondo del lavoro”.

Bisogna però per il professore andare oltre il paradigma funzionalista, ovvero una scuola che subisce l’economia, che ne è subordinata. “Nella pedagogia progressista il rapporto lo si è pensato invece su un livello dialettico e paritetico, un rapporto che deve essere ‘polemico’. Cosa significa questo per la scuola? Deve essere l’antitesi, il principio che si oppone a una tesi, una opposizione critica alle logiche del mondo del lavoro. Gramsci scrive ‘che l’insegnamento scolastico deve essere una lotta contro il folklore, contro il senso comune’, ossia antitesi critica al senso comune, in queto caso al mondo che vede il rapporto scuola mondo del lavoro. Non è il luogo che prepara al lavoro”.

Critiche alla buona scuola del governo Renzi, ma anche consapevolezza che serva aprirsi in modo critico. “Garantire l’autonomia della scuola, l’esperienza degli studenti non deve essere indirizzata ad assorbire i dogmi neoliberisti alla subordinazione del comando sul lavoro, ma alla comprensione delle problematiche del sistema. Sia un momento di apertura degli occhi, di formazione come cittadini. Non è lo stage che acquista la centralità, ma è il momento della ricerca, della riflessione critica, della discussione, del dibattito, anche quello tra sindacati e datori. Rendiamo gli studenti protagonisti”.

‘L’esperienza del lavoro apre gli occhi sul mondo’ diceva don Milani. “Apriamoli, ma per farne cittadini e  non sudditi” la chiosa prima degli interventi dei vertici della Cgil, locali e regionali.

Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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