di Raffaele Vitali
FERMO - Marco Romizi, centrocampista capitano della Fermana, è legato al Fermano per più motivi. Uno è che tra giovanissimi nazionali, allievi nazionali e primavera ha giocato almeno una partita contro Lorenzo Attorresi, coriaceo difensore oggi giornalista di punta del mondo canarino. Ma quello principale è che ha voluto davvero giocare con la Fermana.
Cosa l’ha convinta a scegliere il gialloblù?
“Tre persone: i due direttori e mister Bolzan. Inizialmente non si capiva bene come e con quali prospettive si potesse ripartire a Fermo. Mi sono fidato di loro, volevo restare nelle Marche. E poi c’è il blasone della piazza di Fermo. Ma sì, mi sono detto, andiamo e partiamo. Ho scelto di fidarmi, perché se ci mettevano la faccia loro potevo farlo anche io”.
La fascia di capitano è stata un premio?
“La fascia non è solo sul braccio la domenica, ma tutta la settimana. Sono anni che non la porto, ma di certo lo ero negli ultimi anni nello spogliatoio. È una responsabilità indossarla per la Fermana, ma nel nostro spogliatoio ce ne sono diversi di giocatori che aiutano a creare un gruppo solido”.
Contro la Fermana ha giocato spesso in serie C, il Recchioni?
“Ho sempre avuto il ricordo di partire animate, molto maschie e dure, dove la verve e l’impeto erano le caratteristiche per portar a casa punti. Mi ricordo una partita, con la Fermana che arrivò ai playoff nel 2018. Lo stadio era un valore aggiunto e sono certo che resterà caldo, vogliamo che sia il nostro fortino”.
Preparazione lampo, con squadra costruita in corsa. Le era mai capitato prima e teme che impatti sulla tenuta atletica?
“Solo durante il Covid, una ripresa dopo un periodo di stallo. Mai una preparazione iniziata last minute con giocatori che arrivavano in prova mente ci allenavamo. Devo dire che lo staff è stato molto bravo, perché la preparazione è fondamentale e quindi riuscire a portarci nella forma migliore sarò il vero successo”.
Due vittorie sul sintetico…
“Facciamo sintetico anche il recchioni” scherza Romizi.
Il terreno del Recchioni è un problema?
“Siamo una squadra che sa giocare con la palla a terra, ma Bianchimano e gli altri attaccanti ci permettono anche di saltare il centrocampo con il mister e i direttori ci confrontiamo, Fermo ha bisogno di nuove strutture. E so che questo è un impegno che sindaco e assessore sono molto presenti e hanno promesso di tornare a investire sui campi della Cops. Sono quattro anni che milito in serie D, poche società hanno strutture valide. A Fermo la base c’è sono certo che avremo un ottimo campo per giocare la domenica e strutture per allenarci. Poi abbiamo una struttura come la Works che ci supporta”.
Sei punti in te giornate, ve lo aspettavate considerando le avversarie: Recanatese, Ancona e Atletico Ascoli?
“Prendiamoci il merito del nostro avvio. Se dicessi che me lo aspettavo mentirei. In 20 giorni riuscire a creare un gruppo non era scontato. Ci serve l’equilibrio, dobbiamo andare tutti nella stessa direzione per affrontare in maniera lucida. Attualmente diciamo che abbiamo stupito tutti e siamo contenti passo dopo passo di andare”.
Parla quasi da dirigente, è un mondo che le piace?
“Queto è uno sport da cui imparo tanto. E di certo ci rimarrò. Mi piace il campo, ma sono molto legato alle dinamiche societarie. Anche nelle piccole realtà, dalla Promozione alla D, far star bene il giocatore e creare un ambiente positivo è fondamentale. Le reputo elementi che stanno alla base di ogni obiettivo da raggiungere. Unione di intenti, strutture e la possibilità di lavorare quotidianamente in un certo modo i risultati si raggiungono. I numeri, dopo 15 anni di carriera tra i senior, mi dicono questo. Porto la mia esperienza, non mi limito a pensare al passaggio corretto o al gol sbagliato”.
Girone F di serie D, come è?
“Per due anni ho giocato nell’I, che era molto impegnativo con trasferte calde e giocatori di categorie superiori. L’anno scorso nel girone F ho trovato poche differenze. Questo è molto tecnico, ci sono squadre molto competitive, il mercato è aperto e vedo acquisti che stanno creando un piccolo girone di serie C. credo che sarà un girone divertente da vedere e da giocare”.
Quattro gol fatti, in due lei ha avuto un ruolo chiave. Provate quelle giocate?
“Sardo ha capito che se io alzo la testa e lo guardo, deve fare un movimento. Peccato che non ci sarà domenica, l’ho ‘bacchettato’ per la simulazione. Noi lavoriamo, proviamo, ma la cosa fondamentale è capire come la vuole il suo compagno. Il conoscersi fa sì che man mano si comprendano le caratteristiche dei giocatori”.
E ora?
“Dobbiamo imparare a essere padroni del campo. Questo è quello che vuole il mister, dobbiamo essere noi a gestire, sempre se il manto erboso del Recchioni migliorerà”.
Qualche compagno che l‘ha stupita?
“Casucci, Sardo e Polanco, che ancora ha avuto poco spazio, mi hanno fatto vedere belle cose. E ce ne sono altri, abbiamo dei buoni Under e validi ricambi che tali non sono, perché la stagione è molto lunga. Poi la sicurezza mi arrivano da Karkalis e Tafa che sono affiatati come se giocassero da anni. Avere due centrali così è fondamentale, anche per me che sono sempre lì davanti a loro. Non posso dimenticare l’sperienza di Daniele Ferretti che sa quando il pallone deve arrivare”.
Domenica alle 15 sfida con l’Isernia, la neopromossa.
“Non possiamo sottovalutare nessuno per come siamo partiti. Non lo faremo, il pareggio con la Vigor lo dimostra. Bolzan già da ieri ci sta istruendo e fosse per lui avrebbe iniziato dal giorno libero”.
Ricordo e rimpianto?
“Il più bello sono i sei anni di Bari, i 60mila tifosi al San Nicola. Il rimpianto è non essere riuscito a entrare in un campo di serie A, sono stato in rosa con la Fiorentina di Delio Rossi, ma non ho mai giocato in prima squadra. Un paio di presenze mi avrebbero gratificato, oggi capita il giovane che entra e in venti minuti cambia la sua carriera. Queto è un rimpianto, se non sono rimasto per più anni in certe categorie è anche mia colpa”.
Romizi, come mai la scelta di Ancona?
“Le donne comandano sempre. Da tre anni Arianna è entrata nel mio cuore con le Marche e qui mi trovo molto bene. Magari sarà la città del nostro futuro, poi il legame con la Toscana c’è sempre, la mia famiglia è lì. Vedremo cosa dirà il mio futuro”.
Con che modello di giocatore è cresciuto?
“Il mio grande idolo era Zidane, ma non avevo neppure una sua unghia. In maniera più umile mi è sempre piaciuto De Rossi, un giusto mix tra grinta e piedi buoni, quello che reputo di aver fatto simbolo della mia carriera”.