di Raffaele Vitali
PORTO SANT’ELPIDIO – E’ sempre lei, la presidentessa, anche se oggi parla come ex presidente di Assocalzaturifici. Annarita Pilotti è la voce dei calzaturieri a livello nazionale, ancora. Alle 23 appare in tv, ospite di Barbara D’Urso e del suo ‘Live’, trasmissione che fa milioni di spettatori. Prima di lei il gotha della politica, da Fontana alla Raggi passando per De Magistris e illustri virologi. Poi, quando bisogna parlare di scarpe e moda, ecco Annarita Pilotti, ad di Loriblu.
Con lei Alviero Martini, lo stilista di 1a Classe: “Il comparto moda è dimenticato dai decreti. Abbiamo spedito il 40% degli ordini, il restante 60% è Fermo, per cui quando riapriranno sarà passata la stagione. Abbiamo aperto e-commerce privati, ma è complesso. Italia è ferma, estero è catastrofe, visto che - spiega Martini - si lavora con lettere di credito a fronte di un ordine la banca anticipa e noi abbiamo bloccato tutto. Ordini annullati, se non si accordano le banche, dovremo anche restituire il mancato pagamento. Che escano non decretini, ma decreti”.
Come un fiume arriva Annarita Pilotti: “Non abbiamo perso una stagione, ma due e forse tre. Con il cuore in mano rappresento 4300 aziende, 67mila addetti. Negozi chiusi, fabbriche chiuse, ad agosto dobbiamo pensare alla prossima collezione, come facciamo a fare ricerca, sviluppo e a mettere in campo la creatività. Liquidità alle imprese, i versamenti da rinviare: il Governo deve essere di sostegno, deve prendersi la responsabilità. fare imprenditori è vocazione, oggi siamo dei martiri”. Qui finiscono i pochi minuti con Barbara d’Urso e qui inizia la riflessione del giorno dopo.
Annarita Pilotti, come sta vivendo questa fase?
“Avrei voluto dire tante più cose. I prossimi giorni saranno importanti, la politica deve smetterla con tante carte e circolari che accrescono confusione e burocrazia. Non possiamo rischiare di fare la fine della ricostruzione post sisma, dove sappiamo che ci sono miliardi di euro ma sono tutti bloccati. Quello che chiediamo come imprenditori è liquidità immediata, poi arrivino tutti controlli possibili. Ma dopo, noi siamo onesti”.
Il mercato come sta?
“Ho dieci negozi fermi. E come me tanti imprenditori. Abbiamo iniziato la quarantena un mese fa, altri paesi, dalla Russia all’America, staranno fermi ancora più allungo di noi. E poi l’Europa, dalla Francia alla Germania. Non credo che tutto riaprirà a fine aprile. Quindi, se non si vende come facciamo che a giugno poi partono i saldi? A chi spedisco le nuove linee? I magazzini resteranno pieni e la poca merce spedita non viene pagata”.
E le commesse del Micam?
“La maggior parte non saranno confermate”.
Il Governo cosa deve darvi?
“Misure urgenti per le piccole e medie imprese. Ma è un domino. Se io devo fare da banca al negoziante che non paga, io non posso pagare il fornitore. È un drammatico domino che rischia di abbattere la filiera. Sono tutte pedine della stessa partita. Quello che chiedo è proprio che le aziende sotto i 50milioni di fatturato, queste sono le Pmi non quelle con un fatturato di due milioni, non debbano pagare i versamenti, dall’Irpef all’Iva che scadono il 16. E non parliamo delle ricevute a fine mese dei fornitori. Ma soprattutto servono finanziamenti a 3-5 anni con garanzie statali e un tasso massimo dell’1%, ma l’ideale sarebbe lo 0,5%. Il punto restano le garanzie, che non possono essere chieste alle aziende”.
Il distretto era in difficoltà, e ora?
“Le aziende produttrici hanno periodi ciclici di fermo. La cassa integrazione e gli ammortizzatori sociali erano già una certezza, quello che lo Stato deve darci è l’accesso al credito. Se ho un sostegno per alcuni anni ripartiamo”.
Tempi rapidi?
“Per forza. Ma qui tutto è lento: basta prendere un decreto, ci sono 20 pagine di ‘visto che’ e tre di decreto”
La liquidità non potrebbe arrivare anche dalla vendita delle scarpe già prodotte e a prezzi di saldo in azienda?
“Lo faremo, senza dubbio. Ma non dimentichiamo che qui ci sono aziende molto diverse una dall’altra. Ci sono aziende che producono e altre terziste per le firme, che al contempo stanno annullando ordini. Qualcuno perderà delle commesse, ma chi deve partire da zero, senza sostegno, vivrà mesi drammatici. Il virus si porta via la salute e tante aziende”.
Si parla tanto di comprare italiano, varrà anche per le scarpe?
“Per forza, deve essere così. Spero che accada per le nostre calzature. Noi svenderemo i prodotti, sperando così di entrare nelle famiglie. Ma chi è pronta a comprare in Italia, le scarpe servono davvero oggi? Noi produttori la chance la daremo. E già lo facciamo online. Ma non è che possiamo penalizzare i negozianti che qualcosa hanno comprato”.
I calzaturieri sono compatti in questo momento?
“Abbiamo una chat che unisce ogni angolo d’Italia. Siamo un centinaio che ogni giorno dialogano. Abbiamo tutti un solo obiettivo: far sì che le aziende riaprano, appena sarà possibile, appena la salute sarà garantita”.