È arrivato il momento di agire. Il Fermano, e con lui parte del Piceno, è piombato in una specie di presente nebuloso. Da mesi, troppi, il sistema imprenditoriale principale, ovvero quello di Confindustria, è stato dilaniato da discussioni che dall’esterno è stato difficile comprendere.
Quello sanitario, invece, è stato segnato dal siluramento di chi da anni gestiva ogni scelta, Licio Livini, e che nel silenzio degli amministratori locali è stato messo alla porta lasciando il Murri senza guida in attesa di trovare il nome più gradito alla Regione.
Diatribe attorno a statuti, codici e cavilli hanno improvvisamente spinto di lato l‘associazione di categoria più potente, diversamente la Cna è la più grande. E questo nel momento più sbagliato visto che in Regione si gioca la partita delle infrastrutture e della nuova programmazione europea, a Roma si pianifica il futuro di aree di crisi e zone che sempre più guardano a sud, come le province di Fermo e Ascoli.
Quanto accaduto ha rimesso sul tavolo l’eterna divisione tra Fermo e Ascoli, concretizzata con la nascita di una Provincia che non ha fatto bene a nessuno, soprattutto dopo la riforma monca di Renzi. Una divisione che però, se andrà avanti a livello economico, va letta nella diversità imprenditoriale più che di pensiero Pmi contro grandi imprese, moda e fashion invece che meccanica e agroalimentare. Insomma due mondi diversi che però potevano essere spicchi della stessa torta. I prossimi mesi serviranno a capire come finirà, ma sono anche i mesi in cui Confindustria deve riprendere il pallino della programmazione.
Senza scontri interni così palesi, ma con esiti simili è finita la sanità di Fermo. Le dimissioni di Livini, che hanno tanto ricordato quelle dell’ex presidente degli industriali Melchiorri, sono frutto di un clima interno irrespirabile. Si poteva risolvere tutto senza strappi? I fatti hanno detto di no.
Ma da quel giorno, Fermo e il Fermano sono rimasti muti. Non c’è stata la capacità di scrivere una nota congiunta da parte dei sindaci, non c’è stata una presa di posizione chiara da parte dei big, ovvero chi guida le città principali. Non c’è soprattutto una idea su quel che accadrà. Perché è vero che l’ideale è cha sia un direttore generale bravo e preparato, ma se fosse uno che conosce il territorio, a pari preparazione, il vantaggio sarebbe enorme.
Il silenzio è bello, ogni tanto fa anche bene. Il peggio però è quando è dettato dall’assenza di qualcosa da dire. Quello che invece deve ritrovare Confindustria Centro Adriatico, che non può bruciare anni di ottima intesa tra due province cugine in pochi mesi. Parola che non si può più rinviare in tema sanitario, perché un direttore serve, considerando che dopo il pensionamento della dottoressa Padovani anche la direzione sanitaria è rimasta vacante.
Senza testa il corpo arranca, in ogni campo.
direttore www.laprovinciadifermo.com - @raffaelevitali