di Raffaele Vitali
FERMO – Cosa significa lavora con Russia e Ucraina in questi giorni? Lo spiega bene Marino Fabiani, affiancato dalle figlie, calzaturiero da ani leader nell’ex Csi. “Se la guerra tra Russia e Ucraina dovesse andare avanti ancora per due, tre settimane, per la mia azienda sarà la fine. Già così non sarò in grado di pagare gli stipendi di marzo, il governo ci aiuti”. E meglio non pensare se dovesse durare mesi.
Marino Fabiani da 40 anni produce nello stabilimento di fermo le sue scarpe di alto livello da donna. Lui è un tassello del distretto calzaturiero fermano – maceratese. “L’85% della mia produzione – racconta - è destinata proprio alla Russia, all'Ucraina, alla Siberia e al Kazakistan”. Lui è uno degli imprenditori che negli anni i ’90 ha conquistato quel mercato e non ha mai saputo, e voluto, uscirne, mantenendo il suo presidio, anche con negozi di proprietà come quelli di Kiev.
“In magazzino - aggiunge l’imprenditore - abbiamo 4.900 paia di scarpe, per un valore di circa 600mila euro, che erano pronte per essere spedite in quei Paesi e che ora rischiamo di dover buttare via”. Purtroppo che la guerra sarebbe degenerata i suoi buyer lo avevano capito: “Mi hanno scritto qualche giorno prima dello scoppio del conflitto, erano già dentro i bunker”.
Quello che molti non capiscono, Fabiani lo spiega in una frase: “Le scarpe passano di moda velocemente e non possiamo certo riproporle la prossima stagione”. E così per l’imprenditore il fattor tempo è decisivo.
“Non potendo vendere questo volume importante e non sapendo come andrà a finire la guerra e quanto ancora durerà - aggiunge Fabiani - non sono nelle condizioni di andare avanti per molto e credo che nella mia stessa condizione si trovino anche altri imprenditori del comparto calzaturiero di questa zona, che hanno nel mercato russo il loro core business”.
La prima richiesta, già avanzata dal presidente dei calzaturieri Fenni anche al tavolo con la regione, è di attivare gli ammortizzatori sociali. “La cassa integrazione in deroga, subito, altrimenti non ci resterà che chiudere e dire addio alle nostre aziende. Lo Stato ci aiuti”.
Fino al fine febbraio, Fabiani ha garantito ogni pagamento: “Compresi gli stipendi dei miei 25 dipendenti, malgrado l'ordine non spedito, ma da questo momento in poi non sarò più in grado di far fronte ai pagamenti». È una situazione davvero drammatica per le imprese come la mia, anche perché arriviamo già provati da due anni di pandemia”.
Che non ci sia tempo da perdere lo ribadisce anche l’ex assessore regionale Fabrizio Cesetti: “Non possiamo non essere preoccupati per le pesantissime ricadute economiche che, tra l'altro, vedono particolarmente esposte le Marche. Basti pensare, nel caso del Fermano, alla crisi che rischia di travolgere definitivamente il settore calzaturiero. Per tale motivo chiediamo che la giunta regionale preveda misure di sostegno alle famiglie, alle aziende marchigiane e a tutti i settori dell'economia regionale danneggiati dalle conseguenze dirette e indirette delle sanzioni economiche imposte alla Federazione Russa, attraverso la destinazione di risorse europee, nazionali e regionali”.