MASSA FERMANA – ‘Ada Natali, donne e partigiana, prima sindaca d’Italia’. Nel titolo del libro scritto dallo storico Giuseppe Fillich c’è già tutto. “Un immenso piacere avere contribuito. Una donna straordinaria. Una insegnante appassionata, sindaca e deputata, partigiana coraggiosa. Da sempre al fianco dei più svantaggiati e delle donne, di cui ha sostenuto le rivendicazioni. Nel corso della sua vita valori come coraggio e umiltà sono stati un punto fermo. Per me un modello. Un perno di ispirazione” sottolinea il sindaco di Massa Fermana, Gilberto Caraceni.
In prima linea lo Spi, il sindacato pensionati della Cgil. Il motivo lo spiega Paolo Filiaci: “Siamo un sindacato di memoria e di lotta, ma anche della difesa dei diritti dei pensionati e dei lavoratori. Siamo un grande sindacato perché associamo ogni categoria. Su 20mila associati della Cgil provinciale lo Spid ne ha 10600. A livello nazionale su 5,5 milioni i pensionati sono 2,8. In Europa siamo il primo sindacato”. Questo fa sì che lo Spi abbia anche capacità finanziaria per iniziative come quella del libro su Ada Natali.
Un sostegno importante l’ha dato anche Michela Borri, presidente del Gal, coni suoi fondi sta nascendo il museo Ada Natali. “Confidiamo di aprirlo nei primi mesi dell’anno, prima che le scuole chiudono” ribadisce il sindaco. “Vedere un comune che dà valore alla memoria storica, è qualcosa di speciale e importante. il Gal, con i Pil, si muove su diversi fronti. Noi realizziamo un contenitore e attiveremo un circuito per far conoscere poi la struttura, per questo Massa fermana ha avuto 86mila euro” riprende la Borri
Fino a oggi una via dedicata ad Ada Natalia Fermo, qualche pensiero di ricordo il 25 aprile, Monte Urano con la biblioteca, un lavoro della scuola geometri di Fermo. “Ma un libro mancava. Qui si ritrovano gli atti da parlamentare, tra cui due leggi importanti per la maternità e per l’infanzia” prosegue Caraceni.
Ma chi era Ada Natali? Nelle pagine di Fillich lei si definisce ‘socialista, sovversiva, comunista anche se non sono mai stata iscritta. Io fui e sono una coscienza dritta per cui giustizia e libertà non sono parole vuote ma norma di vita’. E fu proprio così. “Quando si lavora su un personaggio, va contestualizzato dal punto di vista territoriale e storico. Questo cambia le narrazioni. Così si capisce meglio il trasferimento di Ada Natali a Roccafluvione, solo per colpirla nella sua anima di maestra. Per lei era un vero confino, anche se la legge arrivò poco dopo. Opposti i suoi valori a quelli del fascismo” ribadisce Fillich, che ha avuto quattro alleati: archivio di Stato di Ascoli Piceno e Fermo, archivio di Massa Fermana e Università di Macerata.
Un lavoro durato più di due anni che ora darà ai giovani un esempio di giustizia e coerenza. “I giovani non hanno bisogno di sermoni, ma di esempi di coerenza e onestà” diceva Pertini. “Con questa narrazione cerchiamo di cambiare le cose, ridando veri valori a chi vivrà il futuro” ribadisce Filiaci.
Il primo ottobre la presentazione del corposo volume, ricco di documenti e pagine originali dell’epoca. Ci saranno i vertici delle istituzioni, ci sarà il mondo della Cgil e dell’Anpi, ci sarà il segretario nazionale dello Spi e perfino il presidente della Camera, Roberto Fico, interverrà per ricordare una donna che prima di altre ha capito il valore sociale dell’impegno politico. “Una figura chiave per l’uscita dalla condizione di umiliazione dell’altro. Con lei si va alla conquista della libertà” riprende il segretario di Fermo Cipollari.
E questo emerge anche dall’amico di Ada Natali, Persichini: “Lei era la maestra, nel vero senso della parola. E qui ancora così viene chiamata, non onorevole. Lei si comportava come maestra. Amava stare tra i giovani, con cui dialogava. Lei fu in prima linea coni mezzadri per le loro rivendicazioni. L’emancipazione femminile è cominciata qui, perché nel distretto del cappello le donne lavoravano dentro le fabbriche dei cappelli. Erano le donne che facevano economia familiare e quindi comandavano. Ada ha lottato in questa sala con le donne in assemblea permanente per il primo contratto id lavoro e poi per applicarlo si ritrovavano. Era sempre qui”.
Come sempre al suo financo, negli ultimi anni ci fu Maria Giuseppina Fagiani: “La nipote l’ha portata a Pavia quando cominciava a perdere l’autonomia. Ma vivendo al terzo piano la spostò in una casa di riposo. Non si trovava bene, un geriatra consigliò di rimandarla a casa. Ma chi l’avrebbe seguita? Mi hanno chiesto di aiutarla, la accudivo. Abbiamo inserito un campanello, quando le serviva lo suonava e io arrivavo dalla casa vicina lì. Da giugno a maggio. A lei mancava il cimitero, la frazione madonnetta, i suoi luoghi. Donna burbera e schietta, ma dal cuore grande. Era molto religiosa”.
Raffaele Vitali