di Francesca Pasquali
FERMO - Chiude i battenti domani, con più di mille visitatori in un mese, “Sefer Yetzirà”, la mostra di Pierluigi Savini sulla creazione del mondo nella religione ebraica esposta al piano terra di palazzo dei Priori.
Matteo Silenzi, curatore assieme a Piersante Iacopini ed Eleonora Paniconi, una mostra particolare?
«E che ha ancora una valenza. Savini è un artista locale abbastanza particolare per il metodo che ha adottato durante tutta la sua carriera artistica e per le capacità tecniche che ha saputo esprimere. Questo, a nostro avviso, rappresentava un po’ l’apice del suo percorso artistico. Ci sembrava meritevole di una nuova esposizione, dopo quella del ‘97 ad Ancona».
Mostra e non solo?
«Abbiamo pensato di collegare la mostra alla storia locale, perché sapevamo che a Fermo la presenza ebraica non è stata irrilevante. Abbiamo interessato l’archivio di Stato, chiedendo di fare una ricerca nei loro atti di tracce della presenza ebraica. Sono state ritrovate 18 pergamene che riportano dei pezzi di testi sacri ebraici, probabilmente lasciate quando gli ebrei sono andati via o che sono state trafugate e riutilizzate come copertine di raccolte di atti notarili. Sono state mandate a una studiosa americana che le ha identificate e datate, insieme a numerosi documenti che testimoniano la presenza ebraica a Fermo fino all’800. Da lì è nata l’idea delle passeggiate».
Com’è andata?
«Meglio di ogni aspettativa. Avrebbero dovuto essere due, il 27 agosto, ma, vista la richiesta, abbiamo replicato il 1° settembre. Hanno richiamato l’interesse di tanti fermani e turisti che hanno potuto visitare i luoghi ebraici della città, anche se sono quasi del tutto scomparsi come tracce evidenti per le trasformazioni urbanistiche dei secoli successivi».
Di che zone parliamo?
«Della parte di corso Cefalonia che va da torre Matteucci al tribunale. Via Bergamasca, via Fiorentini e palazzo Costantini che ospitava la sinagoga, prima di essere venduto».
Si può parlare di ghetto ebraico a Fermo?
«Per sei o sette anni. La presenza degli ebrei in città può essere desunta dal catasto. L’unico ritrovato è quello della contrada San Bartolomeo, che copre la zona dove risiedevano gli ebrei. È un elenco di nomi di persone che vivevano in questa zona, ma non ci sono moltissimi nomi ebrei. È possibile pensare che potessero esistere elenchi a parte. La cifra può essere desunta dai banchi per concedere prestiti. Gli ebrei erano gli unici autorizzati a fare microcredito, chiamata usura in modo dispregiativo. A Fermo c’erano quindici banchi. Considerando che ogni titolare aveva dietro diversi finanziatori, possiamo parlare di una comunità di non meno di cinquecento persone».