*La notizia della morte del giovane Giovanni Battista Cascone di 29 anni, residente a Falconara, che si trovava nell’area di servizio Esso, lungo la Mezzina, nel territorio monturanese, dove stava svolgendo un intervento di manutenzione alla centralina dell’impianto antincendio, ha creato rabbia e sgomento. Sembrerebbe, da una prima ricostruzione dei fatti, che nel gabbiotto dov’è collocata la centralina, si sia accumulato del gas e da lì probabilmente una scintilla che ha provocato l’esplosione che ha sbalzato il povero Giovanni Battista a diversi metri di distanza, senza lasciargli scampo.
In attesa che vanga fatta chiarezza sull’accaduto ed accertate le responsabilità, tanti gli interrogativi che emergono da questo episodio, in primis ci chiediamo se e quanta manutenzione era stata effettuata nell’impianto, se e quali dispositivi erano presenti per la rilevazione di eventuali fughe di gas, se il lavoratore operava in sicurezza con gli adeguati dispositivi di prevenzione individuali, se nell’eseguire gli interventi di manutenzione l’impianto doveva essere spento, dubbi e interrogativi che dovranno essere accertati ma che purtroppo non potranno placare il dolore per la famiglia e per la comunità fermana colpita dall’ennesima morte sul lavoro.
Ad oltre 10 anni dall’entrata in vigore del D.lgs. 81/08, che sicuramente ha introdotto importanti novità sul tema salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, in particolare sulla prevenzione, sulla formazione obbligatoria, resta il fatto che in questo decennio in Italia sono morti oltre 17 mila lavoratori, questo la dice lunga su quanta strada c’è ancora da fare.
Innanzitutto denunciamo il fatto che le normative di legge non vengono rispettate, o solo in parte, che nell’era della quarta rivoluzione industriale, nell’epoca dei robot e della digitalizzazione, c’è ancora tanta scarsa cultura imprenditoriale sul valore e l’importanza di investire sulla salute dei lavoratori, per qualificare il processo produttivo e consentire alle maestranze di lavorare in sicurezza. C’è un mondo del lavoro sempre più precario, dove caporalato, lavoro nero e sommerso, sono all’ordine del giorno e dove, di sicuro, le condizioni di vita e di lavoro non sono tra le priorità di chi ha scelto di fare “impresa” a quelle condizioni.
Da anni denunciamo che è necessario un cambio di rotta, che vengano destinate maggiori risorse per potenziare i servizi di prevenzione dell’Asur, per potenziare gli ispettorati del lavoro, ma ad oggi registriamo l’assenza della politica a tutti i livelli, nazionale e regionale. Com’è possibile immaginare che vengano rispettate le norme, quando non si investe adeguatamente su chi ha il compito e le competenze per farlo? Il rispetto delle normative, a partire dalla corretta applicazione del D.lgs. 81/08, è il principale presupposto per evitare che questi gravi episodi si verifichino, sottolineando che, la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori è affidata dalla legge al datore di lavoro.
Altresì fondamentale è procedere a verificare l’adeguatezza della formazione erogata ai lavoratori, quando effettuata, che non può e non deve limitarsi a mera “formalità”. La dignità di chi lavora passa attraverso il rispetto delle normative di legge, dei contratti, il giusto salario e la certezza di lavorare in sicurezza. La Cgil di Fermo, nell’esprimere vicinanza alla famiglia di Giovanni Battista, si farà promotrice di una campagna di iniziative sul tema, a partire da assemblee nei luoghi di lavoro, assemblee pubbliche ed incontri con gli studenti perché siamo convinti che bisogna partire dalle giovani generazioni, futuri operai ed imprenditori, per far maturare una diffusa cultura della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Inoltre è nostra intenzione organizzare un incontro con le segreterie
*Alessandro De Grazia, segretario Cgil Fermo