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Dati Eurispes: "Nel Distretto fermano-maceratese l'11% export nazionale di calzature e componenti"

4 Dicembre 2019

FERMO - L'Italia è il primo Paese europeo per produzione nel settore calzaturiero con l'export che nel 2018 ha raggiunto un valore di quasi 10 miliardi di euro.
I numeri vengono raggiunti anche grazi al distretto fermano-maceratese che rappresenta la più importante concentrazione spaziale di imprese calzaturiere in Italia e la principale fonte di ricchezza del territorio.

In un'area estesa a 30 comuni, con hub produttivi nelle zone di Porto S. Elpidio, S. Elipidio a Mare, Civitanova Marche, Montegranaro e Monte Urano, nel secondo trimestre 2019, risultano 2.946 aziende attive (calzaturi fici e produttori di parti), pari a circa un terzo del totale nazionale.

È quanto emerge dallo studio dell'Eurispes "Strategie di difesa attiva del Made in Italy calzaturiero", presentato oggi presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio, che analizza il settore, il valore del Made in Italy ma anche l'impatto della crisi economica che a partire da metà degli anni '90 ha dimezzato il numero delle aziende.

La grandezza media delle imprese è di 7,2 addetti. Il 68% sono aziende artigiane che impiegano circa 21.255 addetti, pari al 26% del totale nazionale (Assocalzaturifici, 2018). La prosperità del settore dipende dalle esportazioni, che valgono circa 1,37 miliardi di euro, collocando la regione al quarto posto a livello nazionale.

Le sole province di Fermo e Macerata rappresentano circa l'11% dell'export nazionale di calzature e componenti nel 2018. La bilancia commerciale calzaturiera delle Marche è positiva ed è al secondo posto nazionale dopo la Toscana. Dal 2009 al 2019 gli effetti della crisi si sono concretizzati con un significativo processo degenerativo che ha prodotto una diminuzione delle imprese calzaturiere attive del 21%; un calo delle imprese artigianali del 30%; un taglio degli addetti del settore del 14%.

Secondo l'indagine condotta dall'Eurispes nel settembre 2019 su 83 aziende calzaturiere del territorio fermano-maceratese, nel 2018, quasi 6 aziende su 10 (59,7%) del distretto fermano-maceratese hanno registrato un fatturato tra 1 e 5 milioni di euro.

Per il 36% delle imprese intervistate il fatturato è rimasto stabile o è calato rispetto all'anno precedente; per il 26,5% ci sono stati segnali di ripresa. Per il 45,1% delle aziende intervistate, il fatturato è largamente legato alle vendite effettuate all'estero, mentre per tre su dieci (30,5%) il fatturato delle esportazioni è minimo o nullo. Ben il 42,7% delle aziende ha dichiarato che, prima del 2009, il fatturato derivante dall'export pesava maggiormente rispetto ad oggi.

L'attività produttiva delle aziende è ancora fortemente ancorata al territorio: più della metà (51,8%) gestisce l'intera filiera produttiva nel distretto; il 32,5% si sposta altrove per alcune fasi, rimanendo comunque sul territorio italiano. Solamente il 15,7% delle imprese si sono inserite dentro le catene globali del valore, prevalentemente fuori dal confine italiano. In ogni caso, la delocalizzazione delle attività fa riferimento per larga parte alla produzione di semilavorati (68,9%).

Gli aspetti di valore sui quali i produttori di scarpe puntano sono: qualità (84,3%), un adeguato servizio al cliente (49,4%), il prezzo (36,1%). Quasi quattro aziende su dieci (37,8%) producono per marchi propri; il 31,7% per terze parti e tre su dieci (30,5%) stanno adottando una politica ibrida di produzione.

L’area del distretto Fermo-Macerata è stata riconosciuta quale area di crisi industriale complessa, con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 12 dicembre 2018. In assenza di un più puntuale percorso di revisione della legge 181/89 per semplificarne le procedure e per renderne adattabili i contenuti ai diversi contesti territoriali, questi interventi potrebbero risultare inefficaci e inattuabili. Tra i limiti che devono essere superati, ad esempio, il fatto che: si limita l’accesso, con investimenti sopra i 1,5 milioni, non intercettabili dalle piccole realtà imprenditoriali del distretto, laddove anche l’abbassamento ad 1 milione, operato con il recente decreto del 30 agosto 2019, oltre a non essere ancora operativo, potrebbe non essere sufficiente; si impone un’assunzione ogni 150mila euro di investimenti, che rende praticamente impossibile accedere al regime; si prevedono finanziamenti agevolati allo 0,5%, che molte aziende trovano già sul mercato.
La Regione Marche ha provveduto, ad esempio, a compensare questo limite di accesso, coprendo il range di investimenti tra 200.000 e 1,5 milioni, ma misure temporanee e a livello locale non sono ormai più idonee a sostenere un distretto in crisi, richiedendosi una visione di lungo periodo e sistemica. Non basta dunque l’istituzione dell’area di crisi complessa per invertire la tendenza.
In tutto questo però, in attesa della circolare applicativa, il decreto del 20 agosto 2019 ha posto le basi per un sicuro rilancio dello strumento, con quattro direttrici fondamentali: priorità agli investimenti ad alto contenuto tecnologico; abbassamento della soglia minima di investimento (a 1 milione); ampliamento della platea di imprese beneficiarie (con apertura a PMI e reti di imprese); specifici programmi occupazionali da realizzarsi entro 12 mesi dalla data di ultimazione dell’investimento.

Tra i provvedimenti possibili sono indicati l'istituzione di un contratto di rete a tassazione agevolata; l'estensione di agevolazioni; la tassazione di distretto; agevolazioni Irap; agevolazioni fiscali su capitale umano e formazione; e l'estensione delle ZES.

"E' tempo che l'Italia si adoperi in Europa per favorire una politica di difesa attiva a beneficio di quanti operano nel settore calzaturiero che rappresenta un asset economico ma soprattutto, un patrimonio sociale e culturale che non può essere sacrificato sull'altare di una globalizzazione selvaggia" ha commentato il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara.

Secondo il Presidente della Camera di Commercio delle Marche, Gino Sabatini: "Il lavoro dell’Eurispes è una solida piattaforma sulla quale le imprese del distretto calzaturiero fermano-maceratese pos- sono fondare il proprio rilancio. Ma è anche una preziosa e chiara indicazione di policy nazionale per l'intero comparto, attraverso la quale Governo, imprese, parti datoriali e sociali possono, evitando inutili frammentazioni, costruire soluzioni condivise efficaci. Ciò significa ascoltare, apprendere, scegliere e indirizzare risorse per realizzare interventi di sostegno immediati, perché il settore è ormai in una situazione congiunturale critica. Da oggi, dobbiamo avere tutti il “pensiero lungo”, avere chiari i grandi obiettivi e impiegare le nostre energie per raggiungerli".

In Italia ci sono 4.500 calzaturifici che impiegano circa 75.600 addetti. Tuttavia, la crisi economica iniziata a metà degli anni Novanta, ha causato una riduzione delle aziende di quasi il 50% e un ridimensionamento della forza lavoro del 38,3%. Dal 2000 ad oggi, i volumi di produzione sono stati dimezzati (-52,7%). "L'Italia calzaturiera è caratterizzata da una vistosa frammentarietà del tessuto imprenditoriale: il 65,2% e' rappresentato da microimprese che assorbono il 13,5% dei lavoratori; le piccole imprese assorbono il 54,1% degli addetti. "Per difendere il Made in Italy calzaturiero - ha osservato Siro Badon, Presidente Assocalzaturifici - chiediamo che la politica si impegni a livello europeo per far approvare una norma che introduca l'informazione di origine obbligatoria". Inoltre ha sottolineato come, "anche se produrre in Italia non è conveniente per via del costo del lavoro e delle troppe incertezze giuridico-normative, i più importanti brand della moda sono disposti a riconoscere un premium price al Made in Italy".
a.p.

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