FERMO – Una serata per riflettere alla Sala degli Artisti. Anzi, due serate grazie ai documentari della rassegna “Incontri ravvicinati di un certo Cinema” pensata da Andrea Cardarelli che conferma la funzione socio culturale dello storico cinema nel cuore di Fermo.
Questa sera, ore 2130, il regista Stefano Collizzolli presenterà “Se fate i bravi. Genova 2001, il sogno e la violenza”. Aveva vent’anni e quel giorno con la sua mini telecamera riprese quanto accadde. “Anche Evandro Fornasier era andato a Genova, quel giorno, e quando è scoppiata la violenza, dentro il corteo si trovava a poca distanza da Stefano. Poche decine di metri che hanno fatto tutta la differenza” racconta.
A oltre vent'anni da quei fatti sanguinosi che hanno segnato uno spartiacque netto tra prima e dopo, per loro due e per il Paese, Stefano torna a Genova, riprende in mano quel girato, che non aveva più rivisto e lo monta principalmente insieme al ricordo, sguardo in macchina e in lunghi piani sequenza, con pochissimi stacchi, di Evandro.
La macchina da presa, in un silenzio necessario, assorbe tutta la sua emozione ma anche la misura estrema e la precisione linguistica con cui ricuce la scena del sopruso. Nel confronto tra queste esperienze il film riesce a raccontare indirettamente il processo di rimarginazione di una dolorosa ferita, interrogandosi sull’impatto di quelle proteste nel singolo individuo e nella società.
Domani sera, 2130, a parlare sarà la regista marchigiana Silvia Luciani con “Tutto è qui”, che narra la resistenza post-terremoto, l’appartenenza alla propria terra, l’identità mai sopita di chi vive in zone montane e non vuole abbandonarle.
È l’incontro tra Federica, di professione educatrice, e Maria, un’anziana signora che ha perso tutto in quel 20126 che ha distrutto il loro mondo solo fuori, non quello interiore.
Federica ha ricostruito l‘asilo dentro una tenda di Yurta in un bosco, usando la natura come parco giochi, mentre Maria compra una roulotte, la parcheggia vicino alla casa crollata e ci va a vivere. “Ormai nel borgo non vive più nessuno, ci sono solo i bambini, gli unici abitanti reali che fronteggiano la solitudine di quel piccolo angolo di mondo abbandonato, dove niente sembra più esserci. Ma forse non è proprio così e l’infanzia potrebbe essere un punto importante per osservare la realtà che circonda gli adulti” conclude la regista.