di Raffaele Vitali
PESARO – Giocare peggio è difficile. Basterà questo per sperare in un futuro migliore per la Carpegna Prosciutto Pesaro? Il colpo d’occhio della Vitrifrigo Arena è sempre eccezionale, terzultimi ma con 5mila spettatori.
Certo che iniziare una gara chiave per la salvezza con una bordata di fischi e buu non deve aver fatto benissimo a Maurizio Buscaglia. Ma questa è Pesaro, pubblico competente, a lungo paziente, poi duro. Non con tutti, visto che la squadra è stata incitata. Fino a quando, sul -30, non è sceso il silenzio.
Un disastro inaspettato. Perché i giocatori inizialmente rispondono presente. Si affrontano due squadre in palese difficoltà, la classifica non mente in questo caso. Tante palle perse ed errori banali nei primi cinque minuti. E il punteggio ne risente: 6-6. Buscaglia dà fiducia a Ford, che ritrova il quintetto base, l’americano alterna buone cose a tiri sul ferro, frutto di paura. Più attivo anche Bluiett, ma per la mira è meglio ripassare un’altra volta.
I cambi il coach li azzecca. Prima Mockevicius per un Totè un po’ nervoso, cinque punti in fila per il pivot, poi Visconti che non porta solo adrenalina, visto che segna due triple in un amen: la prima frutto dell’ottima regia di Cinciarini, la seconda da tiratore vero in uscita dal blocco (20-10).
Due triple tra fine e inizio quarto rianimano una Sassari più confusionaria del solito, sei palloni in dieci minuti lo dimostrano. Resta il fatto che la Carpegna Prosciutto è meglio di un defibrillatore e rianima anche chi non respira. In tre minuti Sassari piazza un dieci a zero che Buscaglia si limita ad osservare.
Per due volte sta per chiamare time out, poi cambia idea e intanto i suoi smettono di fare canestro e di difendere. Ci vuole il 13esimo punto consecutivo degli ospiti a spingerlo a fermare tutto. Ma è tardi, la gente si arrabbia, fischia e urla ‘meritiamo di più’.
L’unico sussulto di un secondo quarto drammatico ce l’ha Cinciarini con una penetrazione e fallo con cui prova a mandare un segnale all’Inferno biancorosso. Ma è un segnale che va poco lontano, perché Tambone è completamente fuori partita, l’ottimo Visconti in panchina per tre banali falli e gli americani, pur volenterosi, si confermano scarsi e non fanno mai canestro, neppure quando hanno tre metri davanti completamente liberi. Si spiega così il parziale di 8-28 del secondo periodo che si chiude tra i fischi della Vitrifrigo arena.
Poca serenità in panchina, con un coach sfiduciato dai tifosi e che non si comprende se seguito dai giocatori, poca lucidità in campo con tiri affrettati azioni lente al limite del sopportabile. Ma soprattutto, è tornata la poca voglia di difendere. I piccoli, si sa, già non tengono i primi passi, ma Totè in mezzo all’area è un casello dell’A14 con lo sciopero, sempre aperto.
Quando devi rimontare e dopo l’intervallo rientri convinto che il coach li abbia caricati, tutto ti aspetti tranne che un 7-0 di break frutto di regali della Carpegna Prosciutto, incluso un passaggio di Cinciarini alzato per Totè finito contro il tabellone.
Buscaglia questa volta il time out lo chiama subito, ma i suoi rientrano e perdono palla con Tambone. Qui non è solo questione di coach, c’è un gruppo tra lo scarso e il depresso. “Consorzio, ci siamo stancati” è il coro che si alza più volte dalla curva. In realtà è anche più diretto il messaggio. Ed è la prima volta che il messaggio arriva diretto a chi i soldi li mette. Anche se poi a scegliere i giocatori sono i dirigenti, Costa e Cioppi, oltre a coach Buscaglia.
Non funziona più nulla in questo momento nella Carpegna Prosciutto. L’assenza di Bamforth ogni minuto che passa si nota di più, perché non c’è un giocatore capace di inventarsi un canestro da solo in campo. E anche quel poco che si crea finisce per scheggiare i ferri. Il gap cresce, come l’insofferenza dei tifosi che vedono pure volare in contropiede Charalampoupolos, non certo una lepre.
Quando ormai assuefatto da quello che ha davanti agli occhi Buscaglia rimette Visconti, l’ala è ibernata e completamente uscito dal match. Un paio di tiri senza senso dei suoi, una palla persa e il quarto fallo. Resta ovviamente in campo, perché sul 38-68 c’è poco da pensare alla gestione degli uomini.
Il palasport è ormai silente, l’Inferno non è più neppure in grado di fischiare, la scelta è quella di ritirare striscioni e bandiere, far calare il silenzio nella Vitrifrigo Arena. Che viene rotto solo da un piccolo tentativo di cori dei bambini a bordo campo. “Meritiamo di più” ribadiscono solo i tifosi. Ed è vero, perché il meno 30 che Pesaro tocca a fine terzo quarto è qualcosa a cui nessuno può abituarsi. Soprattutto e giochi contro una pari classifica e non contro Milano.
Ma nessuno in campo ha voglia di sbucciarsi le ginocchia. Se non Cinciarini, che purtroppo però non fa mai canestro, e Mockevicius, che ha limiti ma almeno non si ferma a guardare le azioni degli avversari come fanno troppi suoi compagni.
L’ultimo quarto si apre sul 42-68 per Sassari. I tifosi si sono alzati per protesta, tutto sembra far pensare a dieci minuti di lacrime. Ma il basket è strano e non va mai sottovalutato l’orgoglio dei campioni. Cinciarini non va in panchina a far riposare le vecchie ginocchia, resta in campo e difende come se stesse punto a punto. E i suoi compagni lo seguono.
Il canestro si riallarga, Visconti ci mette energia, Totè ritrova il canestro con una schiacciata e i bambini a bordo campo ‘costringono’ gli altri 4mila a risvegliarsi. Anche perché quando Ford segna il 62-69 sembra di stare al cinema. Mancano ancora 4 minuti e Sassari ha segnato solo un punto.
La rimonta è ormai completata, la curva prosegue il suo sciopero del tifo, ma il palazzo si alza in piedi durante l’ennesimo time out chiamato da Bucchi che non sa più cosa pensare dei suoi, capaci di passare da +30 a +7.
Purtroppo Cinciarini è stanco, sbaglia i liberi e un appoggio semplice da centro area che sarebbe valso il -2. Poi Tambone ci aggiunge una palla persa e i punti tornano sei. Sembra una beffa, alla fine. Ma il tuffo di Cincia per recuperare un altro pallone fa capire una cosa: la Carpegna Prosciutto è viva e di certo non gioca contro il suo coach.
Ha solo bisogno di essere rinforzata, perché fare canestro così è difficile. Non può sempre riuscirci Visconti, due ferri gli ultimi due tiri che potevano riaprire il match, altrimenti sarebbe in Eurolega. Una prestazione che amareggia (69-79 il finale), che dimostra l’inconsistenza di un roster costruito male dal primo giorno, ritoccato peggio e in ritardo. Questa la vera colpa della dirigenza biancorossa.
I tifosi, prima di zittirsi urlano ‘dimettiti’ al coach. Ma è anche chiaro, dopo questo match, che i problemi sono più profondi. Fischiato o no, il consorzio è quello che c’è, con le sue risorse e le idee, purtroppo quest’anno molto confuse.