di Raffaele Vitali
MONTEGRANARO – San Giuseppe sbarca a Montegranaro per parlare di creatività e lavoro. Cristiano Bordoni apre l’incontro con imprenditori di primo livello, che hanno risposto di sì alla chiamata di don Sandro, puntando sul ‘prendersi cura’ dell’altro partendo dalla comunità in cui si vive. Cinque relatori simbolo della capacità di Montegranaro, intesa come capitale del distretto di rigenerarsi.
ARTISAN SHOES - PRADA
Il direttore operativo dell’Artisan Shoes non è voluto mancare. Paolo Tiveron è da 20anni nelle Marche, prima con Della Valle, poi nel mondo di Prada. “Un’azienda nata con la volontà di creare una famiglia per il miglior prodotto nel miglior distretto per laboriosità e artigianalità, partendo dagli imprenditori Mazza e Sollini. Insieme hanno creato il ‘tempio’ aziendale, sapendo che il vero patrimonio è il capitale umano”.
Tiveron è rimasto conquistato dal distretto: “Laboriosità, il legame casa-bottega, che fa sì che la famiglia sia parte del prodotto. Io vengo dal trevigiano, altra terra laboriosa. Ma Montegranaro, e il circondario, ha margini di grandissimo sviluppo, perché c’è un’attenzione speciale alla filiera. La gemmatura delle imprese grandi, permette a persone di realizzare anche la sua piccola impresa. Quello che manca è la volontà di unirsi per essere forti verso l’esterno. La preghiera, una chiave di sviluppo, è il consorzio, la sinergia per essere più forti verso l’esterno. È difficile, ma va fatto”. Sono poi arrivati tanti altri brand nel Fermano, da Valentino a Gucci, conquistati dalla capacità di questo pezzo di Marche. “Ogni generazione ha vissuto le sue crisi. Noi sappiamo che questo è un periodo di rallentamento che diventerà un trampolino di lancio”.
Ma i brand non cercano il prezzo più basso? È la domanda per l’umo di Prada nel Fermano: “Noi abbiamo fatto molto reshoring. Per certe sneakers e prodotti abbiamo lavorato anche in Cina. Ma il grosso lo facciamo made in Italy e soprattutto nella filiera che controlliamo e che vogliamo veramente certificata. Magari si usano economie di scala per raggiungere prezzi vantaggiosi ma senza tirare il collo al partner produttivo. I marchi di lusso devono essere sempre più made in Italy, è un dovere. nel mio sono molto filo marchigiano”.
IL MONDO DI VELASCA
Un altro ‘fulminato sulla vi di Montegranaro’ è Velasca, l’azienda guidata da Jacopo Sebastio insieme con un socio. “Ci sentiamo piccoli e umili con tanta strada da fare. Nel 2013 abbiamo scelto di produrre nel distretto veregrense, dopo un lungo studio dei distretti, dalla Campania alla Lombardia fino al veneto. Ci è sembrato il migliore, un piccolo formicaio di macchine pronte a lavorare. Ufficio a Milano, ma cuore a Montegranaro. Qui abbiamo trovato due artigiani che hanno creduto in due sbarbati che mai avevano visto fare una scarpa. Ma le usavamo. Abbiamo investito in due componenti: tradizione per portare un pezzo d’arte italiana nel mondo; innovazione nell’uso della comunicazione digitale e i vari canali di vendita”.
Filo conduttore è il valore del lavoro dell’individuo. “A noi piace considerare Velasca e i suoi artigiani, che sono fori dalla società, una famiglia. A oggi molto bene in Italia, stiamo puntando l’estero da fine 2019 a Parigi e Londra. E siamo in attesa di aprire il primo negozio oltre oceano”. Il primo ordine dei due milanesi ai partner fu di 120 mocassini. Oggi abbiamo 13 negozi attivi di proprietà oltre al web. Velasca crea un livello di occupazione ben distribuito. Noi investiamo molto nel magazzino, abbiamo 30mila paia nella sede logistica e ce le siamo finanziate, pensando alle vendite dei mesi successivi, in media dei tre successivi. Garantiamo quindi un lavoro continuo e non picchi. Oggi una decina di artigiani lavorano per noi”.
LA GAL.MEN DI MELCHIORRI
Dai big alla solidità di un’azienda familiare come quella dei fratelli Melchiorri. “Ascoltare due aziende di livello che investono a Montegranaro è importante. Lo è per il territorio e per la popolazione, perché significa credere nelle persone. Per anni dentro Confindustria e Assocalzaturifici il fare sinergia è stato un mio mantra. Ma è evidente che suona ancora male nelle teste, perché l’individualismo ci ha portato lontano. E invece dobbiamo cercare di collaborare. Anche in maniera più netta, visto che in realtà le filiere ci sono e Velasca e Artisan Shoes lo dimostrano muovendosi tra suolifici e pellami” ribadisce Giampietro Melchiorri, ex numero uno degli industriali.
Melchiorri entra poi nel tema dell’incontro: creatività e coraggio. “Per chi fa scarpe se c’è una cosa che non è mai mancata la fantasia, pensiamo a collezioni e campionari, grafica e lo stesso packaging. Creatività sono anche i giovani che in un’azienda no possono mancare, perché sono più sensibili ai cambiamenti. Dentro la nostra azienda stiamo preparando la terza generazione. Ma i giovani devono capire che il talento e la visione non è sufficiente. C’è anche lo sporcarsi le mani, il sudore del lavoro. Oggi dentro le aziende di tecnologia ce ne è tanto, quindi è anacronistica l’immagine che si dà spesso. Tecnologia significa preparazione, competenze, quindi c’è posto per chi esce dall’università e dalle nostre scuole. Noi scontiamo l’incapacità di raccontarci, di far capire che dietro una scarpa c’è anche salute. Ricordiamoci tutto quello che ha detto Papa Francesco: ‘Il lavoro è dignità’. Sarebbe bello portarlo qui, nei luoghi dove ogni persona è importante e insostituibile. Quindi proviamoci insieme e anche con generosa umiltà”.
L’INNOVAZIONE DI INATURE
Un giovane che abbina la tradizione, il lavoro nell’azienda di famiglia delle pelli, all’innovazione, con la sua iNature, è Luca Torresi: “Tutti mettono scarpe e tutti comprano custodie di cellulari. La mia è una start up del 2010, ormai radicata. Dopo il primo viaggio a New York per i 25 anni, sono tornaot acasa con il mio amico Paolo e abbiamo pensato di creare una cover made in Italy. A Montegranaro amiamo fare le cose da soli e subito. Ma abbiamo puntato sul green, con un polimero biodegradabile. Eravamo molto avanti al tempo. Nascendo iNature la creatività si era completata”. Da lì un percorso di crescita: marchio, sito internet, materie prime. “Nel 2012 un premio a Las Vegas nella categoria ‘eco design’. Da lì si aprì un mondo mediatico e di incontri che durò due anni. Poi una collaborazione con la fondazione Veronesi e l’accordo con il mondo Apple e la Russia, dove consegniamo in 24 ore. Stiamo lavorando per inserirci in Inghilterra e in altri paesi europei, sapendo di poter contare su mio padre che mi ha lasciato libertà e oggi controlla la qualità delle custodie”.
LE SORELLE LEOMBRUNI
Storia veregrense con respiro più ampio grazie al sapiente uso dei social è quella delle sorelle Leombruni dentro Agl Shoes. Sono tre, più un fratello, due sono collegate: Vera e Sara. “Ci sono tante sante Giuseppine che hanno fatto grande Montegranaro. Noi siamo alla terza generazione, abbiamo ereditato l’azienda dal nonno. Per noi la fortuna di poter beneficiare del know-how e dei valori legati alla cultura del lavoro. Noi avevamo il dovere di portare avanti tutto questo con responsabilità e creatività. Quindici anni fa abbiamo sposato il progetto familiare con una idea chiara: unire tradizione e innovazione. Tradizione è lavorare in maniera artigianale, innovazione è stata rivoluzionare una collezione disegnata a sei mani. Siamo tre donne che disegnano per le donne, quando la tradizione locale ha sempre visto uomini farlo”.
Donne per le donne, ma non bastava: “Innovazione è gestione aziendale e comunicazione. E così abbiamo puntato molto sul digitale, con l’ultimo inserimento nell’ultimo ano di un sistema di vendita molto avanzato. Il social ci fa entrare in contatto diretto con la comunità, con le consumatrici che son sparse nel mondo. Siamo riservate nella vita, ma i social erano una risposta necessaria a chi ci sceglie e che voleva capire cosa ci fosse dietro un brand”. Una cosa per le sorelle è certa: “Non possiamo combattere noi il Covid, ma possiamo guardare il futuro migliorando ogni pezzo di noi”.
Un lungo incontro, che ha riservato tanti altri spazi e che ha fatto però capire una cosa: tutti convinti che in questo territorio ci sia spazio per lavorare. Certo, bisognerà formare i giovani, partendo dall’Its. “Una riflessione e condivisione di contenuti e valori che vanno oltre la lamentela. Diamo spazio alla speranza” conclude don Sandro, capace sul canale Veregra Up di inchiodare 200 persone di media davanti ai pc.