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Da Tamberi a Jacobs, le incredibili Olimpiadi di Giulia Cicchinè: "Vediamo in quanti salgono sul carro dell'Italbasket"

12 Agosto 2021

di Raffaele Vitali

ALTIDONA – Una press conference vissuta dalla parte opposta. Ecco la mattinata di Giulia Cicchinè, la 29enne giornalista di Altidona che ha raccontato le Olimpiadi da Tokyo per Eurosport. “Un orgoglio per il nostro paese, per questo siamo qui. Lei è fiera di Altidona” sottolinea la sindaca di Altidona, Giuliana Porrà, prima di lasciarla alle domande della stampa.

L’ABBRACCIO DI ALTIDONA

Tre settimane immersa nello sport, per raccontare la meraviglia di ogni disciplina. Un pezzo di Fermano e della piccola Altidona di fronte alle telecamere di tutto il mondo. “Un ringraziamento alla famiglia, alle nonne di Giulia, che sono parte del nostro comune. Avere qui tutti voi è una gioia. Poter ascoltare chi ha portato Altidona a Tokio ci gratifica” prosegue la sindaca che ha voluto consegnare un trofeo speciale a nome della città insieme con il vicesindaco Enrico Lanciotti: la torre di Altidona circondata dai 5 cerchi olimpici e una scritta che celebra professionalità e risutalti raggiunti.

Olimpiadi sono Coni, che a Fermo ha il volto di Cristina Marinelli: “Speriamo che le Olimpiadi siano il segno della ripresa dello sport”. Le foto scorrono dietro Giulia e il filo conduttore è il sorriso, suo e dei tanti campioni che ha incontrato e raccontato tra medaglie d’oro e grandi prestazioni.

“Ti accorgi di aver fatto l’Olimpiade dopo, non prima di partire. Quando guardi le foto, i video, ripensi ai momenti. Rifare l’Olimpiade non è così scontato. Non è semplice, un percorso lungo, difficile e servono tanti requisiti” esordisce Giulia Cicchinè. Lei ha superato anche i tagli al budget, la riduzione degli organici, basti dire che Eurosport Francia non ha mandato nessuno. L’Italia, invece, tra i tanti i lizza ha scelto lei. “Già fare le Olimpiadi è la cosa più bela del mondo, farla dopo un anno pandemico ti ha fatto sentire parte della storia”.

GIULIA E LE OLIMPIADI

Cicchinè, cosa l’ha colpita più di tutto?

“Il senso di patriottismo. È incredibile. Magari era lo stesso agli Europei. Ma qui c’era tutto lo sport. Tutti giornalisti, come si sentono dire un ‘ciao’ fanno gruppo. Ho girato sempre con il tricolore sulle spalle, con la magliettina blu: l’Italia si muoveva con me”.

Tamberi e Jacobs sono stati l’apice?

“Hanno fatto sì che tutto il mondo, inclusa la Nbc, si congratulasse con me. Anche se io non avevo fatto nulla, ma rappresentavo quegli atleti. Mi sono davvero sentita orgogliosa di essere italiana. E per far capire a tutti chi fossimo, abbiamo deciso di attaccare le spillette del Coni”.

Si è mai sentita ‘non pronta’ durante i tanti giorni?

“Sono partita dal volley maschile, che conquistò l’argento a Rio. Erano i favoriti e mi sono trovata alla prima intervista della mia prima Olimpiade a dover fare domande anche complicate dopo una partita andata in maniera inaspettata.  Non conoscendo ogni sport al 100%, non so se sarei stata pronta a gestire la sconfitta. Ma questo significa che si può migliorare. Verso Parigi (le prossime Olimpiadi del 2024, ndr), dovrò prepararmi ancora meglio”.

Si sente più pronta ora?

“Conosco le Olimpiadi, le mix zone, i tempi. Come lavora Eurosport. Se mi vorranno, io saprò dare ancora di più. Ho imparato e ho l’esperienza di Tokyo”.

Due medaglie d’oro in dieci minuti, Tamberi e Jacobs, e lei era lì. Che momento è stato?

“Il momento più bello della mia carriera è stata la sera del primo agosto. Pensavo che solo il basket potesse emozionarmi. E invece…nulla è paragonabile a quello che ho vissuto. C’è stato un patriottismo generale. Lo stadio di atletica è enorme, con aree di lavoro che guardano la pista e altre sotto gli spalti. Quando siamo arrivati, dovevamo avere la mix zone alta e invece siamo finiti sotto e abbiamo visto le gare in tv. Volevamo spostarci, ma farlo capire ai giapponesi era dura, il 70% dei volontari non parlava inglese. Tornando alla gara, prima è arrivato Tamberi. Sentivo il pubblico che urlava, poco ma rumoroso, ma l’immagine era in ritardo. Il tempo di scoprire la vittoria di Tamberi che c’erano i cento metri. Ma anche lì, minuti di attesa e Jacobs oro”.

Che effetto fa ‘vivere’ la consegna della medaglia?

“Sentire l’inno nazionale con la bandiera è qualcosa che non si può raccontare. Quando Jacobs è venuto per farsi intervistare, io piangevo e lui rideva. Dovevamo trovare un compromesso. Avevo 90 secondi, siamo rimasti 5 minuti e abbiamo fatto anche la foto insieme. Ma se mi chiedete cosa ho domandato, ancora non lo so”.

Con Tamberi è stato più facile?

“Lui lo conosco da tempo, è un appassionato di basket. Nato a Civitanova e residente in Ancona, ho continuato a piangere mentre lo intervistavo in doppia lingua. E lui mi dice: ‘se vuoi la facciamo in dialetto?’. E forse sarebbe stato davvero qualcosa di unico, ma siamo rimasti professionali”.

Ma Jacobs ve lo aspettavate vincitore nel mondo giornalisti?

“Già la finale aveva soddisfatto tutti. Nessuno immaginava una sua vittoria. Con l’oro di Tamberi eravamo a posto, poi è arrivato lui”.

La sua passione è la pallacanestro, l’Italbasket poteva fare di più?

“Li ho intervistati prima della partenza alle Olimpiadi. Poi li ho seguiti, tranne contro l’Australia. Con la Germania il palazzo era vuoto. Dopo quella sfida, nelle altre partite, c’erano almeno 50 persone con la bandiera. Pippo Ricci (uno dei giocatori, ndr) ha detto: ‘nessuno credeva in noi e ora li aspettiamo sul carro, tanto abbiamole spalle grosse’. Da Atene 2004 in avanti tante persone sono scese dal carro. Qualcuno è risalito, da un lato è una speranza, dall’altro è sempre la solita solfa, quando si perde ci si dimentica del basket. Ma vedere la canotta azzurra alle Olimpiadi è unico. Poi è arrivata l’eliminazione. E io ero lì principalmente per quello, per cui una parte del mio lavoro stava finendo con l’Italbasket. Mi ricordo che capitan Melli durante l’intervista si è messo a piangere, ma in realtà questa Nazionale ha fatto davvero tanto più di quanto ci si aspettasse. Una squadra di giocatori che principalmente stanno in Italia, quindi stiamo tornando ai nostri livelli migliori”.

I vertici di Eurosport hanno già ‘giudicato’ il suo lavoro?

“Lo faremo, ora tutti in ferie. Abbiamo lavorato più di 16 ore al giorno. Quello che so è che è stato apprezzato. Prima Olimpiade, sport mai raccontati. Il produttore olimpico, incrociandomi al villaggio, mi ha detto ‘come te la cavi con il freddo? A Pechino fa freddo’. Insomma, la speranza di poter essere anche alle Olimpiadi Invernali mi dà fiducia. Poi vedremo se si avvererà”.

Giappone villaggio olimpico, li ha vissuti entrambi?

“Del Giappone ho visto poco e niente. E anche muoversi all’interno della struttura non era semplice. Ogni giorno un tampone, che non è come il nostro: dovevo sputare in una provetta, un millimetro e mezzo di sputo o si restava in stanza. E vi assicuro che non è facile, mi sentivo un lama. Tokyo è stata sempre nel sottofondo, molto silenziosa. Nessuno ha mai protestato, all’aeroporto alla fine c’erano 200 volontari con i cartelli di saluto. Quello su cui si giocherà il futuro è il rientro nei conti, perché un’Olimpiade senza pubblico è u grande rischio finanziario per il Paese”.

Lei gira l’Europa con il basket, ora il Giappone, ma poi torna sempre ad Altidona, perché?

“Dopo che giro tanto voglio tornare a casa. Qui sto bene, ho la mia famiglia e il mio mare. Poi a una settimana in Grecia non dico di no. Ma è qui che mi rilasso. Per la cerimonia di chiusura volevo scrivermi ‘Altidona’ nelle mani, poi ho pensato che stavo per tornare e sono rimasta professionale”.

(leggi L'INTERVISTA PRE PARTENZA).

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