FERMO - Giusta sbagliata, una cosa è certa: Francesco Acquaroli non cambia idea. Dagli enti locali, ieri, è partita una voce molto chiara e compatta: “Draghi, resta al tuo posto”.
Ma c’è sempre qualcuno che la pensa diversamente e tra questi, insieme coni colleghi presidenti di Abruzzo e Sicilia, c’è il governatore delle Marche: “Da sempre crediamo che l'Italia abbia bisogno di un governo con un chiaro mandato popolare, coeso e con un programma condiviso dalle forze politiche che lo sostengono per risolvere i problemi concreti dei cittadini. È l'esatto contrario di quello che abbiamo visto in questa legislatura, caratterizzata da esecutivi nati nel palazzo e appoggiati da partiti divisi su tutto. La crisi del governo presieduto da Mario Draghi ne rappresenta solo il triste epilogo e non sottoscriveremo nessun appello affinché resti a Palazzo Chigi".
E dire che da Anci, Upi e Ali, ovvero le associazioni che rappresentano province e comuni, era arrivato un messaggio opposto e soprattutto bipartisan. Tra l’altro, l’appello a rimanere è stato sponsorizzato anche da Toti, governatore della Liguria e non certo un ‘compagne’ di Renzi o Letta. Ma per Acquaroli, la soluzione è solo una.
La stessa che invoca la sua leader Giorgia Meloni, ovvero le elezioni: “Un presidente di Regione o un sindaco rappresentano anche i cittadini che vogliono andare a votare e non possono permettersi di utilizzare le istituzioni che rappresentano per finalità politiche o, peggio, di partito. Sono forzature che chi ricopre un ruolo istituzionale non può permettersi, né tanto meno promuovere".
Una dura critica lanciata ai colleghi che invece ribadiscono: “La caduta del Governo Draghi metterebbe a rischio molti investimenti”. Per questo i sindaci, Matteo Ricci in testa, hanno sottoscritto il documento: “Chiediamo a Mario Draghi di andare avanti e spiegare al Parlamento le buone ragioni che impongono di proseguire l'azione di governo. Allo stesso modo chiediamo con forza a tutte le forze politiche presenti in Parlamento che hanno dato vita alla maggioranza di questo ultimo anno e mezzo di pensare al bene comune e di anteporre l'interesse del Paese ai propri problemi interni. Draghi ha scelto con coraggio e rigore di non accontentarsi della fiducia numerica ottenuta in aula ma di esigere la sincera e leale fiducia politica di tutti i partiti che lo hanno sostenuto dall'inizio».
Spetta dunque soprattutto ai partiti che sostengono il governo «il dovere di portare in fondo il lavoro iniziato in un momento cruciale per la vita delle famiglie e delle imprese italiane. Se non dovessero farlo si prenderebbero una responsabilità storica davanti all'Italia e all'Europa e davanti alle future generazioni” - concludono i sindaci tra cui Luigi Brugnaro (sindaco di Venezia), Marco Bucci (Genova), Antonio Decaro (sindaco di Bari e presidente Anci), Michele De Pascale (sindaco di Ravenna e presidente Upi), Giorgio Gori (Bergamo), Roberto Gualtieri (Roma), Stefano Lo Russo (Torino), Dario Nardella (sindaco di Firenze e coordinatore città metropolitane), Maurizio Rasero (Asti) e Beppe Sala (Milano), oltre al presidente di Ali Marche, Nazareno Franchellucci.
Raffaele Vitali