La scelta del Ministero di fare di Pesaro la ‘Città della Cultura 2024’ è un risultato importante per la regione Marche. Un territorio che sta investendo importanti risorse nell’immagine e nel turismo. E che, finalmente, farà della cultura un ulteriore volano. Per una regione che passa dai duchi di Urbino alla magia di Cecco, la cultura crescerà seguendo il ritmo coinvolgente di Rossini.
Pesaro ha vinto, Ascoli Piceno, che era arrivata in finale, ha perso. In mezzo, tra due province lontanissime in tutto, ma unite dalla cavalcata decisa sul traguardo, ma Pesaro ha avuto un giudizio unanime dalla commissione, c’è Fermo.
Il capoluogo della piccola provincia da tempo ha fatto della cultura la sua arma in più. Perché cultura è bellezza architettonica, con i gioielli del mappamondo e delle cisterne, ma cultura è teatro, con l’Aquila che è ai vertici nel centro Italia, è lettura, con festival unici e biblioteche di alto livello, è recupero di contenitori che diventano luoghi di pensiero. L’ultimo, in ordine di tempo, è il rinato Buc che fa della ricerca e dello sviluppo di idee il suo motore.
Solo che Fermo non si può cullare. Perché gli altri stanno accelerando. E soprattutto non può continuare a muoversi da sola. Pesaro ha vinto coinvolgendo tutti i comuni della Provincia, Ascoli ci ha provato giocando a pari livello con San Benedetto e i Sibillini.
E Fermo? Vedere sui social l’assessora Cerretani insieme con il sindaco di Amandola fa ben sperare, ma è il ruolo che deve esercitare al meglio, diventando la locomotiva di un territorio così piccolo che è molto più simile di quanto si pensi dal mare ai monti. Altrimenti sarà difficile competere la prossima volta, magari iniziando a usare quello che ha fatto Pesaro, ovvero essere una città Unesco, al nord per la musica, a Fermo proprio per la cultura, essendo learning city.
*Raffaele Vitali, direttore www.laprovinciadifermo.com