Come il lavoratore si ammala di Covid 19 scatta l’infortunio Inail sul lavoro e il datore di lavoro è esposto a responsabilità amministrative, civili e penali (art.42 co.2 D.L. 17 marzo 2020 n.18 Cura Italia, Inail Circolare 3 aprile 2020 n.13).
Gli obblighi di sicurezza e prevenzione (art. 2087 c.c.) a tutela della salute del lavoratore sono stati estesi fino a rendere il datore di lavoro responsabile di una pandemia.
Così il terrore di fare impresa ha costretto la politica in questi ultimi giorni a intervenire ben 2 volte.
La prima, mercoledì 20 maggio, quando l’Inail con la circolare n.22 chiarisce che il giudizio di “ragionevole probabilità” che lega l’infortunio della contrazione del virus all’attività lavorativa è “totalmente avulso da ogni valutazione in ordine alla imputabilità di eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio”.
La seconda, la notte di giovedì 21, quando le commissioni riunite Finanze e Attività produttive della Camera approvano un emendamento al decreto liquidità (D.L. 8 aprile 2020, n. 23) del seguente tenore: “Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da SARS-CoV-2, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del Codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
In parole semplici la politica si sta muovendo per affermare il principio che se un lavoratore si ammala di Covid 19 scatta automaticamente la sola copertura Inail e non la responsabilità del datore di lavoro, che potrà escludersi laddove questi dimostri di avere rispettato i protocolli di sicurezza del caso.
Bene, ma attenzione, non si tratta di uno scudo, quanto di una pezza.
Infatti la responsabilità oggettiva del datore di lavoro per il semplice fatto del lavoratore infettato è esclusa dalla giurisprudenza (da ultimo Cass. civ. Sez. lavoro Ord., 11/02/2020, n. 3282).
Il datore di lavoro è responsabile nella misura in cui è in colpa e per l’infortunio da Covid 19 essa verrà parametrata – stando all’emendamento - esclusivamente sul rispetto dei protocolli (art.1 co.14 D.L. 16 maggio 2020, n. 33).
Questa esclusività ossia questa precipua perimetrazione dell’area di responsabilità non è però scevra di insidie.
Infatti le misure di sicurezza previste nei protocolli da previsioni astratte vanno calate nel caso concreto e quindi declinate sulla specificità dei luoghi e delle condizioni di lavoro.
I datori di lavoro, i lavoratori, gli stessi organi accertatori sapranno muoversi senza incertezze?
Occorreranno competenza e autorevolezza al momento dell’accesso di verifica in azienda da parte degli accertatori perché questi vaglieranno l’intera organizzazione del ciclo lavorativo, la formazione e l’informazione del lavoratore, le direttive di servizio impartite (Cass. civ. Sez. VI Ord., 15/05/2020, n. 8988) e ritenere non sia stato rispettato il protocollo di sicurezza è un attimo.
Di qui la sospensione immediata dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza (art.1 co.15 D.L. 16 maggio 2020, n. 33) e il dover rispondere di sanzioni amministrative consistenti in pagamenti di somme importanti e giorni assai significativi di chiusura (art.2 D.L. n.33/2020, Art.4 D.L. 25/03/2020 n.19), quindi le conseguenti responsabilità civili (azione di regresso da parte dell’Inail) e penali (lesioni e omicidio colposi aggravati), insomma il fine vita di un imprenditore.
Avv. Andrea Agostini