FERMO - Per uscire dall'emergenza coronavirus è assolutamente necessario l'impegno di tutti. Da giorni le parole "responsabilità" e "consapevolezza" rimbalzano di continuo su ogni canale di informazione. Questa prima settimana in cui in tutta Italia è stata istituita la "zona rossa" ha messo a dura prova ogni lato della vita. Ma se c'è un universo che rischia davvero di essere colpito è quello del Terzo settore e del volontariato.
Dalle score settimane la Regione Marche ha aperto un conto corrente per destinare risorse al servizio sanitario regionale, che si sta occupando dell'emergenza Covid19 (Per effettuare le donazioni: conto corrente postale intestato a "Regione Marche - Emergenza Marche Coronavirus Servizio Tesoreria, Iban IT43A0760102600001049330432).
Ma il volontariato non passa solo dalle raccolte fondi.
Da sempre il nostro territorio ha mostrato un grande senso di solidarietà e, anche oggi che siamo dentro l'emergenza, si cerca di operare nei limiti del possibile, adottando nuove forme di aiuto e "contatto". L'obiettivo dichiarato è anche quello di non far perdere quel senso di vicinanza e non interrompere le relazioni sociali.
Abbiamo raggiunto Laura Stopponi, presidente della Delegazione provinciale CSV di Fermo (Centro servizi per il volontariato) che ha spiegato chiaramente quelle che sono le difficoltà fin qui incontrate e il perché non ci si può permettere uno stop.
Le associazioni di volontariato come stanno affrontando l'emergenza?
Il Coronavirus sta colpendo al cuore il senso stesso del volontariato che è la relazione. In questo momento le pubbliche assistenze e la protezione civile stanno operando in modo egregio, ma le necessità ed i bisogni possono essere molteplici. Molti servizi che incentravano proprio nella socialità, nell'incontro, nell'accompagnamento, nel contatto quotidiano a chi vive in maniera più disagiata oggi sono stati sospesi o "rimodulati" in altra forma. Penso ad attività come quella dell'associazione di volontariato Il Ponte che offriva un pasto caldo nella sua mensa, ogni giorno. Oggi va avanti aiutando i nuclei familiari più in difficoltà esclusivamente a domicilio. O ancora l'aiuto che quelle associazioni, come l'Abbraccio, garantivano dentro l'Hospice. Esempi di una categoria di volontari che sono costretti a stare a casa in questa situazione
Qual è il rischio maggiore?
Il terzo settore, in tutto il territorio, offre servizi che se bloccati o interrotti rischiano di mettere in difficoltà persone non autosufficienti o a rischio emarginazione.
Siamo in un quadro dove l’isolamento sociale è necessario, ma affiora il problema della solitudine. Non può essere ignorato questo elemento. Giustamente la salute viene prima di tutto, ma ci sono tanti aspetti che vanno considerati e per questo motivo si cerca di intervenire per altre vie. Si cerca il più possibile di sfruttare la tecnologia attivando funzioni "informative", di "consulenza" o "advocacy". E dove si può si continua ad operare.
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Parliamo di un settore particolarmente fragile. Questi sono mesi caldi per molte associazioni. Sono ormai imminenti le scadenze di bandi e progetti regionali, nazionali o europei, e ci si sta muovendo per far ottenere delle proroghe. Non solo. Marzo e Aprile sono i mesi dei bilanci e questo sarebbe un periodo importante perché le raccolte fondi che sostengono le attività di svariate associazioni, sono spesso collegate a eventi e manifestazioni, ora tutte rinviate proprio a causa del coronavirus.
Secondo lei come usciremo da questa lotta comune?
E' certo che in questo momento tutti stiamo perdendo qualcosa, ma non possiamo permetterci di perdere l'umanità e manifestare la nostra resilienza. La sofferenza che si sta vivendo può essere un'importante occasione di crescita, guardandoci dentro per ritrovare valori che in qualche maniera si erano persi.
Aaron Pettinari