FERMO – Uno studio multicentrico per l’utilizzo del plasma di donatori guariti da Covid 19. “Serve per pazienti precoci” spiega subito la direttrice del servizio sanità, Lucia Di Furia. “Uno studio che speriamo dia buoni risultati. Sono poche le formule terapeutiche riconosciute valide, questo studio può aprire uno spazio importante”. Quanto lo fa capire subito il dottor Andrea Giacometti, direttore clinica universitaria di Malattie infettive, partendo dal dato di Pavia dove la mortalità è scesa dal 16 al 5%: “Abbiamo lavorato per migliorare il protocollo. Ci abbiamo messo qualche giorno in più, ma siamo soddisfatti. Noi delle malattie infettive arruoleremo i soggetti candidati. Il plasma servirà per agire in una fase precoce, con una polmonite diagnosticata massimo da dieci giorni. Questo è un virus particolare che agisce in due fari: quella virale, in cui il virus va fermato e poi la fase che dura settimane e che fa impazzire il sistema immunitario, rendendo gli anticorpi meno efficaci. Per questo è riconosciuto che il plasma non si dà in rianimazione, ma nelle fasi precoci.”.
Non tutti però possono donare, come specifica la dottoressa Daniela Spadini, direttore centro trasfusionale regionale: “L’età massima è 60 anni e la minima 18”. Seduti insieme ci sono anche il presidente Luca Ceriscioli e il rappresentante del comitato etico Massimo Marinelli che incassa il plauso della sanità dopo aver svolto il suo compito ovvero di “salvaguardare i diritti dei soggetti e la scientificità dello studio e sia la fattibilità locale, è di chiedere chiarimenti e migliorare la situazione. Oggi siamo soddisfatti del protocollo marchigiano”.
Sono due le tipologie di donatori che partono dalla tutela della salute e tutela del paziente: “C’è il donatore abituale, che avrà un percorso agevolato essendo sottoposto già ad anamnesi dettagliata, e quello che oggi può diventarle ma ha bisogno di indagini preliminari. In comune hanno la malattia superata, con tamponi negativi”. Ma mentre per il donatore abituale, quello dell’Avis, sarà sufficiente fare una piccola verifica sulla quantità di anticorpi, per il nuovo donatore il percorso sarà più lungo, va verificata idoneità alla donazione, verificare l’assenza di epatite B, già sicura nei donatori, e poi far passare ulteriori 15 giorni prima di far donare. Insomma un periodo finestra non breve” precisa la Spadini.
Donare sarà possibile a Pesaro, Ancona e Fermo che saranno dotate di macchinari appositi: “Ma per agevolare il candidato donatore ci si può recare in uno dei dodici servizi trasfusionali regionali per fare una sorta di pre arruolamento per inviare ai poli gli idonei. Per questo – ribadisce la dottoressa – faccio un appello: non ci scordiamo che al di là del problema del Covid ci sono pazienti che hanno bisogno di sangue e piastrine o di emoderivati”.
Più plasma ci sarà e più persone si potranno salvare, ne è convinto Giacometti: “Anche perché il plasma si può congelare per un anno e quindi usarlo non appena ci sarà maggiore bisogno. il vaccino arriverà, ma un conto è realizzarlo un altro averne milioni di dosi. Quindi sono certo che il plasma sarà necessario”.
In chiusura Ceriscioli: “Insieme ribadiamo che continuiamo a lavorare in trasparenza e chiarezza combattendo le notizie false che possono generare da disperazione a falsa speranza. Il comitato fa un lavoro pensando alle persone. Noi ci apriamo a ogni possibilità per valutarla e metterla a disposizione del sistema sanitario. Se oggi siamo la miglior regione come dato epidemiologico, significa che il nostro modo di fare le cose paga. Una informazione corretta ha permesso ai cittadini di comportarsi al meglio e permettere al sistema sanitario di gestire al meglio i percorsi”.