PESARO – “Il ritorno del sesto uomo”. Inizia così la partita tra Carpegna Prosciutto Pesaro e Allianz Trieste, da vanti a 1850 spettatori.
Da un lato Aza Petrovic e il gioiello atteso alla prova del nove, Davide Moretti, dall’altra una squadra che ha le sue radici a Montegranaro: Daniele Cavaliero, Luca Campogrande e coach Franco Ciani.
Una partita strana che Pesaro ha controllato dal primo minuto, ma che sembrava non voler vincere. Poi è arrivato Delfino, con triple da nove metri e assist (74-61 il finale). Si specchia ogni tanto la Vuelle, senza averne vero motivo. Perché le giocate dei singoli ancora non giustificano l’estasi. Se in difesa la rotazione funziona, a parte qualche dormita sui giochi alto basso, in attacco ci sono troppi giocatori che amano tenere la palla nelle mani, da Moretti a Zanotti, dallo stesso Delfino a Larson, quando a volte basterebbe cercare Jones, pivot oggi immarcabile per Trieste senza Konate.
Un buon primo quarto, i tifosi si fanno sentire dal loro piccolo spicchio al centro della curva, subito sopra lo striscione dedicato a Marco Piccoli, lo storico leader dell’Inferno Biancorosso ricoverato in ospedale. Petrovic alla fine ruota tutti gli uomini, è un suo must, ma è soprattutto il pivot Jones a prendersi il palcoscenico. Ottimi movimenti spalle a canestro, veloce sul pick&roll.
Chi deve carburare è Larson, che dimostra buona visione e anche attitudine difensiva, ma le gambe sono un po’ indietro e si nota quando rifiuta dei tiri comodi. Gambe già calde quelle di capitan Delfino, che regala un assist al bacio con una mano a Jones che capitalizza schiacciando al volo. Trieste è Banks, poco altro. Ci vogliono 8 minuti prima di vedere in campo Cavaliero. Resta a scaldare i sedili in pelle della panchina Campogrande, reduce da un infortunio. Il quarto finisce sul 16-14, punteggio bugiardo per quanto fatto vedere dalla Vuelle, ma bastano un paio di errori di troppo e Mian ti castiga.
Il secondo quarto Petrovic lo apre con i ‘panchinari’, ci prova anche Trieste ma dura poco la scelta perché quando non segni mai, rimetti in campo Banks. Idem per Pesaro, che per tre minuti scheggia solo ferri, poi ci pensa Moretti a inventare, seguito da Sanford che galleggia in aria e appoggia. Di fondo Pesaro dimostra di avere più frecce al suo arco, Trieste è imbrigliata e i pochi assist lo dimostrano.
L’intesa tra gli americani in giallo è evidente e il pubblico apprezza. Applausi, cori e tanta voglia di urlare, anche con le mascherine. Quando Jones raccoglie un pallone a 4 metri di altezza e lo infila a due mani dentro il canestro, impossibile non alzarsi a esultare. Quanta voglia di normalità che c’è dentro la Vitrifigo arena. Quella che garantiscono i canestri di Zanotti, che perde palloni pesanti ma resta una garanzia per Petrovic rispetto a Demetrio, l’ala grande che il coach si è riportato dal Brasile.
Il terzo quarto è difficile da raccontare. Perché non fa canestro nessuno. Ma il bello è che le squadre non si scompongono poi in difesa, e infatti le palle recuperate, che camuffano passaggi improponibili, fioccano. Pesaro avrebbe almeno tre azioni per uccidere la partita, ma il ferro dice no ai tiri di Delfino e Moretti. Se il giovane play accusa il colpo, il capitano non esita a riprendersi i tiri. Quando gli vengono permessi, perché è inizio di campionato anche per gli arbitri che per un apio di minuti vanno in completa confusione, cambiando decisioni prese dopo consulti. Questo innervosisce un po’ tutti, sia in tribuna sia in campo. Ma è anche quel quid che risveglia una partita anestetizzata dagli errori, dove anche un rimbalzo basta per far urlare Demetrio.
Trieste è inguardabile, Ciani impegna 8’ per chiamare time out, Pesaro una squadra in crescita. Certo se poi Petrovic evitasse di prendere un tecnico inutile dopo il canestro del proprio giocatore, magari all’ultimo quarto la Vuelle sarebbe arrivata con un vantaggio ancora maggiore (54-47). L’ultimo periodo si apre con due triple della Carpegna Prosciutto. Partita finita, in u mondo logico. Ma Trieste indovina un paio di tiri e piazza un sette a zero che fa traballare qualche certezza.
Quando finalmente a 5’ dalla fine Petrovic si decide a togliere Demetrio, la speranza di vittoria aumenta. Anche perché Ciani gioca con Fernandez, solo una brutta copia di quello dominante di qualche anno fa. E così, una palla rubata, il contropiede e la schiacciata di Jones. Sì, sempre lui, per chiudere una partita mai in discussione, ma che l’ex Sutor Cavaliero ha tenuto viva, come ai vecchi tempi (64-59 al 37’ e tiro di Sanders che entra ed esce).