ANCONA - Sono state 77 milioni le ore di cassa integrazione richieste e autorizzate nel 2021 nelle Marche, il 92% delle quali con causale Covid19. Il dato comprende anche le ore di fondo di integrazione salariale e altri fondi di solidarietà.
La cassa integrazione (ordinaria, straordinaria e in deroga) si attesta a 59,8 milioni di ore, cifra ancora rilevante nonostante la riduzione rispetto al 2020 (102 milioni di ore), soprattutto considerando che nel 2019 le ore autorizzate furono solo 14 milioni. Il ricorso al fondo di integrazione salariale e altri fondi arriva a 17,7 milioni.
L’industria assorbe il grosso delle ore autorizzate (44.103.801): la maggior parte delle ore si colloca nei settori della meccanica (15,9 milioni). Seguono calzaturiero (11,3 milioni) e abbigliamento (6,1 milioni). Quanto al terziario, è il commercio quello in cui si registrano più ore (5 milioni). Seguono il settore degli alberghi e pubblici esercizi (4,3 milioni) e quello degli studi professionali, vigilanza e case di cura (2,9 milioni). Ci sono poi 1,3 milioni ore registrate nell’edilizia.
«Risulta evidente – spiega la segretaria regionale della Cgil, Rossella Marinucci – quanto sia stato pesante l’impatto della crisi pandemica anche nel corso di tutto il 2021, con una rilevante richiesta di cassa integrazione in tutti i settori».
Per l'industria, nelle Marche, l'anno scorso sono state chieste e autorizzate 44.103.801 di ore (40.689.615 di cassa integrazione ordinaria, 2.062.444 per riorganizzazione e crisi aziendale, 165.401 di solidarietà e 1.186.341 una deroga). Nel 2020 erano state 78.018.281, nel 2019 13.448.758. 1.328.204 le ore autorizzate per il comparto edile (1.273.035 ordinaria, 10.667 riorganizzazione e crisi aziendale, 33.920 solidarietà, 10.582 deroga), contro le 5.025.954 del 2020 e le 765.352 del 2019. 365.012 le ore per l'artigianato, tutte in deroga.
Nel 2020 erano state 472.309, nel 2019 36.649. 13.736.294 quelle per il terziario (433.196 riorganizzazione e crisi aziendale, 14.878 solidarietà, 13.288.220 deroga. 18.060.618 quelle del 2020, 145.860 quelle del 2019. 284.905 quelle degli altri settori, tutte in deroga. Nel 2020 erano state 629.277. «Difficile immaginare una ripresa senza conseguenze per i lavoratori e le lavoratrici, – prosegue Marinucci – nonostante i primi segnali positivi sul versante delle attivazioni contrattuali. Serve lavoro di qualità per una piena e buona occupazione per contrastare, con la volontà e la forza di tutti, una precarietà ormai insostenibile».
Francesca Pasquali