di Francesca Pasquali
FERMO - Architetti, storici e artisti. E la gente comune. Insieme, per
provare a dare un futuro alla Casina delle Rose. Entro l'estate sul
tavolo del Comune arriverà una proposta. Un'idea sulla destinazione
dell'ex hotel del Girfalco. Che potrebbe essere la vendita, come già
deciso dall'amministrazione, oppure uno. «Non abbiamo una posizione
precostituita. Quello che vogliamo è proporre un metodo», spiega Carlo
Di Marco, presidente di Demos, associazione abruzzese di promozione
sociale da poco arrivata anche a Fermo. Il metodo che propone si
articola in tre fasi. La prima vede in campo un pool di esperti
volontari da selezionare tramite avviso pubblico. La seconda un certo
numero di cittadini, divisi in gruppi di lavoro. La terza è aperta a
tutti. Compito degli esterni sarà quello «dare un contributo di
conoscenza sulla struttura e un orientamento di risoluzione,
proponendo alternative ai cittadini che intervengono nella seconda
fase». Quello dei gruppi di lavoro «approfondire le proposte ed
esprimere un parere informato». Quello dell'assemblea plenaria di
«elaborare una proposta definitiva da consegnare al Comune». Che avrà
un'alternativa da valutare sul futuro della Casina. Perché, anche se
Demos si dichiara “neutrale” sul destino dell'ex albergo, la
contrarietà alla vendita è evidente. Come la critica
all'amministrazione che definisce «schizofrenica» quando prima mette
in vendita la Casina, poi la ritira dal Piano delle alienazioni, poi
ce la rimette. «L'amministrazione non sa cosa fare e non ha le idee
chiare», dice l'associazione. «Speriamo che – aggiunge –, sentendo la
pressione dei cittadini, cominci a rendere conto delle scelte che fa
nel momento in cui decide di sbarazzarsi di cose che sono di tutti».
Contrario da sempre alla vendita della Casina, Elvezio Serena non ha
dubbi: «Fermo ha una grossa necessità di avere quell'albergo pubblico,
funzionante e con gestione privata». «Già è stato un errore enorme –
aggiunge – vendere la casetta del custode, senza un minimo
coinvolgimento della cittadinanza. Dovesse chiudere l'Astoria, la
città si ritroverebbe senza un hotel, ma con un teatro, i musei e un
turismo che vorrebbero destagionalizzare».