di Francesca Pasquali
SERVIGLIANO - Una cerimonia raccolta, ma necessaria. Senza i ragazzi
delle scuole e le associazioni cittadine. Stamattina Servigliano ha
reso omaggio ai trentuno ebrei deportati ad Auschwitz, passati, tra
l’ottobre del ’43 e il maggio del ’44, per l’allora campo di
prigionia. Una corona d’alloro è stata deposta ai piedi della targa
che ricorda quelle vite spezzate dalla barbarie nazista (solo tre
sopravvissero alla Shoah). All’ingresso di quello che oggi è il Parco
della Pace ci sono il sindaco Marco Rotoni e il direttore della Casa
della Moria Giordano Viozzi. Prima uno, poi l’altro sfiorano la
lapide. Occhi bassi e silenzio. Parla di «momenti da tenere sempre
presenti nella nostra coscienza e nel nostro Dna per affrontare un
percorso di crescita di comunità», Rotoni. Alle sue spalle c’è il
Parco della Pace. Una distesa d’erba imbiancata dalla brina mattutina,
intervallata da campi da gioco per i ragazzi. Al loro posto, cent’anni
fa, c’erano trentadue baracche, riportate in miniatura in un plastico
dentro la Casa della Memoria, a due passi da lì. Dopo la Prima guerra
mondiale, furono dimezzate. Adesso ne resta solo una, in fondo. L’ex
mensa. Il Comune vuole ristrutturarla e farci un centro espositivo.
C’è un progetto che è a buon punto, che vale 303mila euro. «Un lavoro
a tante mani – spiega Rotoni –, con la Direzione regionale dei beni
culturali, la Soprintendenza, il Comune e la Casa della Memoria. Tra
quest’anno e il prossimo, cercheremo di consegnare alla media Valle
del Tenna e a tutta Italia un altro pezzetto di questo teatro del
‘900».
Fa freddo davanti al cancello. E il tempo stringe. C’è il collegamento
con gli studenti del “Montani” di lì a poco. Incontreranno Uriel
Breit, scampato con la sua famiglia ai lager nazisti grazie alla
solidarietà degli abitanti di questo spicchio di terra. «Un esempio di
Resistenza civile», sintetizza Viozzi. Una famiglia in cerca di scampo
dalle truppe tedesche. Che lasciò la Germania diretta in Perù, dove
non arrivò mai. Peregrinando per l’Italia, fu catturata e internata a
Santa Vittoria in Matenano. Quando, dopo l’armistizio, il campo di
Servigliano fu occupato dai nazisti e trasformato in centro di
internamento per gli ebrei, nel tentativo di salvarsi, la famiglia si
divise. Nessuno di loro fu deportato. Furono aiutati da alcune
famiglie di Servigliano, Santa Vittoria e Grottazzolina, che li
salvarono dalla tragica sorte a cui erano destinati. «La memoria –
dice Viozzi – non è un concetto vuoto. Serve come palestra di vita
affinché ciò che è accaduto non succeda di nuovo». Da qui, l’impegno
dell’associazione con i ragazzi. Tanti quelli che, in questi anni,
hanno visitato il Parco della Pace e la Casa della Memoria. «La
pandemia – prosegue Viozzi – sta limitando molto il lavoro che di
solito facciamo con le scuole, ma non ci fermiamo. Abbiamo tanti
progetti a medio raggio». La baracca da trasformare in centro
espositivo, la digitalizzazione dell’archivio storico comunale e le
installazioni in realtà virtuale per il Parco della Pace e la Casa
della Memoria, i più importanti.