ROMA - Il Made in Marche in tavola? Nei campi marchigiani più di un terzo dei lavoratori è straniero, con quasi 7mila lavoratori regolari tra contratti a tempo indeterminato o indeterminato che occupano circa il 38% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. Sono i dati regionali diffusi ieri pomeriggio da Coldiretti in occasione della presentazione del progetto “Lavoro stagionale - dignità e legalità”, realizzato da Osservatorio Agromafie, Anci e Coldiretti per contrastare l’illegalità nei campi. A fianco dei lavoratori regolarmente impiegati c’è tutto un sommerso che mina la dignità degli essere umani e che non può essere trascurato nemmeno nella nostra regione. “Occorre – sottolinea la presidente di Coldiretti Marche, Maria Letizia Gardoni - spezzare la catena dello sfruttamento che si alimenta dalle distorsioni lungo la filiera, dalla distribuzione all’industria fino alle campagne dove i prodotti agricoli pagati sottocosto pochi centesimi al chilo spingono le imprese oneste a chiudere e a lasciare spazio all’illegalità”. Ad ascoltare i promotori del progetto (Ettore Prandini, Presidente Coldiretti, Gian Carlo Caselli, Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione “Osservatorio Agromafie” e Enzo Bianco, Presidente del Consiglio Nazionale di Anci) c’erano i ministri Bellanova, Bonafede, Catalfo, Di Maio e Lamorgese. La proposta chiede di:
1) rafforzare il sistema esistente utilizzando gli strumenti di Programmazione e definizione delle quote di ingresso per lavoro stagionale e contribuire ad una definizione puntuale del fabbisogno di lavoro stagionale (non solo in agricoltura) attraverso una previsione specifica di fabbisogno per aree determinate e collegarlo ad altre richieste di lavoro stagionale, nella stessa area o in aree vicine, in maniera da assicurare una continuità del rapporto lavorativo del dipendente stagionale;
2) far emergere le situazione di marginalità (irregolarità) e lavoro nero partendo dalle principali situazioni di vulnerabilità e precarietà attualmente riscontrate e che riguardano i lavoratori in agricoltura che versano in condizioni di irregolarità amministrativa e coloro i quali da anni presenti e attivi nel nostro Paese in qualità di richiedenti asilo si ritrovano, in qualità di diniegati o in assenza di rinnovo del titolo di soggiorno per motivi umanitari, in una situazione di strutturale precarietà e potenziale ricattabilità. In questo caso si tratterebbe di prevedere strumenti di emersione su base individuale, diversi dai provvedimenti straordinari di regolarizzazione generalizzata (cd. sanatorie), come ad esempio:
- regolarizzazione ad personam temporanea e condizionata attraverso l’introduzione nel TU sull’immigrazione di un permesso di soggiorno per lavoro stagionale per i migranti irregolari in agricoltura che consenta di avviare al lavoro il migrante irregolare, individuato attraverso l’intermediazione delle associazioni di categoria per il lavoro stagionale e che accetti la condizione di ritorno al paese di origine al termine del periodo massimo di lavoro (9 mesi) ma con la possibilità di ottenere il visto di ingresso per successivi periodi analoghi e anche per più annualità come la normativa attuale prevede.
3) promuovere interventi atti a contrastare la presenza del caporalato e volti a sostenere i lavoratori stagionali in varie sfere (dal trasporto all’alloggio) da realizzarsi sotto la regia dell’ente locale e con il supporto delle realtà del terzo settore. Tra gli interventi realizzabili: l’accompagnamento all’inserimento abitativo (temporaneo) per i lavoratori stagionali in agricoltura attraverso l’accoglienza diffusa in appartamenti; lo sviluppo di progetti di rigenerazione urbana, realizzando interventi innovativi di social housing in cui i servizi abitativi divengono parte integrante delle politiche sociali – complementarietà tra sicurezza, solidarietà, coesione sociale e lavoro; pianificazione dei trasporti, orientamento ai servizi ecc.
Scopo di questa proposta è migliorare la disciplina e gestione del lavoro stagionale, al fine di assicurare condizioni di lavoro dignitose e legali, e, al tempo stesso, di consentire alle imprese agricole di sostenere la concorrenza internazionale.