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Calzaturiero, migliaia di posti di lavoro a rischio. Badon: "Ecco cosa serve per non chiudere"

13 Aprile 2021

di Raffaele Vitali

MONTEGRANARO – I ristoratori urlano e occupano strade. con loro baristi e titolari di agenzie viaggio. Ancora silenzi, ma solo perché privi di forze, i gestori di palestre e piscine, completamente dimenticati. La Regione Marche proprio in questi giorni ha varato un provvedimento che porterà un po' di risorse almeno alle piscine.

DRAMMA SOCIALE

In questo contesto, ci sono anche i calzaturieri. “Bisogna riflettere sul fatto che come verranno riaperte le attività, fuori da ristoranti e bar ci sarà la fila. Fuori da un negozio di scarpe no di sicuro”. Questo il sunto di Annarita Pilotti, ex presidente di Assocalzaturifici, intervenuta su Rete 4. E questo quello che emerge dai drammatici numeri forniti da Assocalzaturifici.

Il presidente Siro Badon con un dato dice tutto: “Sono a rischio 30.000 posti di lavoro”. e il motivo è semplice, in Italia si è perso il 27% della produzione in un anno e il 25% di fatturato un dato tra l’altro che sarebbe molto peggiore senza il contributo dei terzisti che lavorano per le griffe che si sono fermate per meno tempo.

PERCENTUALI IN ROSSO

“Forti le riduzioni sia dell'interscambio commerciale (calo attorno al -18% in volume sia per i flussi in uscita che in entrata) che dei consumi interni (-23% in spesa gli acquisti delle famiglie, malgrado un +17% per il canale online, a cui va sommato il crollo dello shopping dei turisti).

La situazione è oltre la soglia critica – ribadisce Badon - abbiamo un settore che lavora sulla produzione dell'anno successivo con una marcata stagionalità ed enormi costi fissi e di manodopera: siamo pertanto già certi di un 2021 disastroso e la verità è che senza misure forti e specifiche, purtroppo ci saranno molti posti di lavoro a rischio e chiusure aziendali appena finirà il periodo di blocco dei licenziamenti. Stimiamo siano a rischio fino a 30.000 posti di lavoro, a cui dovremo inevitabilmente sommare quelli dell'indotto e nella filiera a monte". 

L’illusione dopo la riapertura conseguente al primo lockdown è stata un colpo di grazia: “La seconda ondata del virus in autunno ha subito interrotto i primi timidi segnali di risalita mentre nel trimestre conclusivo del 2020, in particolare, export e consumi, con le vendite natalizie compromesse dalle misure restrittive, sono risultati ancora largamente insoddisfacenti" prosegue il presidente.

Il numero di calzaturifici attivi è sceso in Italia di 174 unità rispetto a fine 2019, e quello degli addetti di oltre 3.000 (con un -4% per entrambi), con cali generalizzati in tutti i principali distretti. Nella filiera pelle sono state autorizzate quasi 83 milioni di ore di cassa integrazione guadagni, dieci volte gli 8,3 milioni del 2019.

APERTI E CHIUSI

I calzaturieri come sempre hanno provato a risollevarsi da soli, ma ora non ce la fanno più. “Dietro ogni produttore c’è un mondo fatto di pelli, accessori, trasportatori, negozianti. Parliamo di 70mmilaa addetti” riprende Annarita Pilotti. E per questo Badon ha scritto al Governo: “Abbiamo bisogno di certezze, è necessario che i negozi possano aprire con continuità perché la stagionalità non ci consente di recuperare sui costi di produzione. Gli stock a magazzino, accumulatisi con l'invenduto, e gli ordini non confermati, si svalutano compromettendo i bilanci delle aziende.

Con una filiera in ginocchio non riusciamo a comprendere le ragioni perché di alcuni prodotti sia consentita la vendita permanente e per le calzature vi sia una esclusione. Abbiamo ormai perso 4 stagioni di vendita. Per questa ragione è necessario che venga rivisto il criterio con cui si indennizzano le aziende, parametrando i sostegni alle perdite subite calcolate in base ai fatturati a cui devono essere sottratti i costi fissi non compensati dai ristori”.

LE RICHIESTE

Le misure che vuole Assocalzaturifici sono semplici. “La decontribuzione per tutta Italia del 30% di oneri previdenziali dovuti dal datore di lavoro, come da decreto agosto per le sole regioni del sud. Credito d'imposta pari al 30% del valore delle rimanenze a magazzino, ampliando le risorse e la percentuale a compensazione fiscale”. C’è poi il nodo export, che per il distretto marchigiano è fondamentale, basti dire che vale oltre il 6% di quello italiano.

Le fiere sono un asset essenziale per le Pmi. Ritardare o impedirne l'apertura equivale ad ostacolare la ripresa degli scambi internazionali e la promozione del made in Italy, fondamentale per il rilancio del nostro settore. Inoltre le rassegne professionali, allestite secondo i protocolli sanitari sono da sempre un insostituibile strumento di politica industriale che generano un volume complessivo di 60 miliardi di euro annui" riprende Badon che guida il Micam.

C’è poi uno dei nodi chiave, sperimentato e funzionante: “Chiediamo alle autorità preposte di disporre corridoi verdi in entrata per gli operatori commerciali che garantiscano una più snella e veloce concessione dei visti d'ingresso, ove necessario e al Ministero degli Affari Esteri di lavorare per l'apertura di corridoi in uscita per garantire ai nostri imprenditori di poter tornare a incontrare i clienti durante gli eventi commerciali b2b. Ci sono paesi nostri competitor che non hanno interrotto l’attività fieristica e non hanno subito alcuna impennata nei contagi".

Linee guida semplici, anche se in parte costose, soprattutto la decontribuzione, che però hanno il solo scopo di salvare migliaia di posti di lavoro.  Queste le linee di intervento auspicate da Assocalzaturifici, per impedire che il comparto calzaturiero, motore trainante del made in Italy, possa ritornare competitivo sul mercato interno ed internazionale.

Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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