MONTEGRANARO – Per tutti domenica doveva iniziare il Micam della rinascita, della speranza. “Eravamo contenti di essere arrivati alla possibilità di far entrare in Italia anche chi ha vaccini non riconosciuti dall'Ema, ci sembrava di aver toccato il cielo con un dito e ora c'è questa tragedia della guerra. L'assenza dei buyer russi e ucraini la diamo già per scontata”. È tranchant Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici e di Micam, la fiera più importante al mondo che riempirà i padiglioni di Fiera Milano Rho dal 13 al 15 marzo.
Ci saranno 821 brand in 600 stand. L’obiettivo è vendere, ma inevitabile pensare alla guerra. “Sicuramente ci sarà una ripercussione per quanto riguarda l'affluenza di clienti e buyer che vengono dalla Russia – ha ribadito Badon all’AdnKronos - anche per la difficoltà di viaggiare, con gli spazi aerei chiusi. Chi vuole può entrare in Italia tramite la Turchia o gli Emirati ma c'è comunque incertezza. Nessuno sa quanto andrà avanti la guerra”.
L’obiettivo del Micam affidato ai suoi vertici Borghini e Cancellara, è compensare con i buyer nordeuropei, spagnoli, turchi e altri. “Vediamo cosa succederà, il clima di incertezza che si respira è veramente disastroso”.
Nel 2021 si stavano raggiungendo i livelli pre pandemia, con 3miliani di scarpe vendute in Russia e 400mila in Ucraina. “Il problema è che aziende hanno spedito i prodotti e non sanno se incasseranno con il rublo sceso ai minimi. Le aziende hanno magazzini pronti per le spedizioni ma i buyer non li ricevono. Siamo tornati a febbraio-marzo 2020. Questa è la situazione di alcuni territori calzaturieri (Marche in testa, ndr), c'è la disperazione più totale. Magari i russi più strutturati, che hanno uffici in Italia, penso che saranno presenti a Micam. Ma per i più piccoli, che arrivavano dalla Russia 1 o 2 giorni prima della kermesse sarà difficile tornare" prosegue Badon.
Non va mai dimenticato, ricorda il presidente dei calzaturieri, che è dalle sanzioni 2014 che la situazione è peggiorata. “Veniamo da due anni di pandemia che hanno sfiancato le aziende e il Made in Italy. Questa è un'altra tegola e se non c'è un aiuto consistente da parte delle istituzioni credo si creeranno danni importanti per certe filiere calzaturiere”.
Quelle filiere che magari confidavano anche nell’Obuv, che è quantomeno a rischio. perché anche se la guerra è in Ucraina, a Mosca il clima non è dei migliori: “Stiamo cercando di organizzare con Fierabologna e vedremo se si riuscirà ad andare o se invece dovremo inviare i campionari da remoto. La situazione è talmente complicata e preoccupante. Nel frattempo, chi può, nel calzaturificio, ha già avviato iniziative a sostegno dell'Ucraina. Ogni azienda credo stia cercando di fare del proprio meglio per aiutare i profughi in qualche maniera - conclude Badon -. Anche noi come azienda stiamo contribuendo con le Confindustrie a livello monetario e di opere, cercando di renderci utili in questa immane tragedie”.
Raffaele Vitali