di Raffaele Vitali
TOKYO – Due fiere per la campagna d’oriente dei calzaturieri: prima Seoul e poi Tokyo. In prima linea, con i suoi marchi Galmen e Alexander Hotto, c’è Giampietro Melchiorri, da Montegranaro. “Paesi interessanti. Grazie all’Accordo di libero scambio (FTA) tra UE e Corea del Sud, prosegue l’eliminazione dei dazi doganali su un cospicuo numero di prodotti, contribuendo a dare nuovo slancio agli scambi commerciali tra i due mercati” ricorda l’Ente Moda Italiana.
Melchiorri, come procede la missione calzaturiera d’Oriente?
“Da Seoul mi sono appena spostato a Tokyo. In Corea eravamo una sessantina di espositori tra abbigliamento, accessori, cappelli e scarpe. La Moda italiana a Seoul è una fiera ben organizzata da Emi, Assocalzaturifici, Assopellettieri e Ice”.
Buyer?
“Non è la fiera in cui scrivi ordini. Ma posso dire di aver aperto qualche porta. Erano diversi anni che mancava questa fiera, che è ripartita con l’edizione di luglio. Il post Covid ha mostrato una vivacità”.
Il mercato coreano funziona?
“Parliamo di una Nazione molto sensibile alle novità, alla moda. Uno dei Paesi asiatici che fa ‘scuola’ anche per la Cina. Soprattutto tra i giovani. È quindi un mercato molto dinamico. Proprio per questo ci stiamo riprovando a creare contatti con questo Paese e devo dire che siamo a buon punto”.
E ora?
“Diversi clienti ci hanno detto che passeranno al Micam. In uno stand di 12 metri quadri non potevamo portare tutta la nostra collezione. Ma solo a me in cinque mi hanno detto ci vediamo a Milano, aconferma di quanto conti la nostra fiera”.
Cosa cercano i coreani?
“Non c’è un vero modello tipo. La scarpa di tendenza colpisce, quindi bisogna presentarsi sempre con delle novità. Poi la qualità del made in Italy per loro è un fattore quasi decisivo. Sapendo che la grande firma è poi dominante, che sia la griffe francese o italiana. Per cui la fetta è piccola, ma ci dobbiamo provare. A Seoul non c’è una boutique di Gucci o Luis Vuitton. Qui ce ne sono in ogni department store”.
E' il giorno del Giappone (7-9 febbraio). Con che speranze?
“Se tornerò a casa dopo questi giorni giapponesi con altri contatti e dei ‘ci vediamo al Micam’ mi riterrò soddisfatto. Ogni imprenditore parte sperando di tornare con gli ordini ma dopo anni di problemi finanziari, pandemia e guerra, essere in presenza e ricevere gratifiche è di buon auspicio. Esserci serve per definire rapporti con agenti e importatori”.
Ma come è la vita fuori dai padiglioni? Tornata la normalità?
“Se non fosse per le mascherine, che tutti utilizzano, per strada e nei locali la vita è ripresa tranquillamente. A Tokyo dormo in un albergo su uno degli incroci più popolosi del mondo e il movimento è incredibile. Quindi davanti ho un Paese che è davvero ripartito, con i negozi aperti e vita commerciale”.