di Raffaele Vitali
MONTEGRANARO – Conflitti, freno delle economie europee, rincari, l’instabilità mediorientale: “Tutto questo è alla base del calo che il settore calzaturiero registra nel 2024” sottolinea Giovanna Ceolini, presidente Assocalzaturifici e numero uno di Confindustria Accessori.
Il dato macro parla di un -9,2% di export e -9% di fatturato, ma soprattutto a diminuire del 18,9% è la produzione. “Dopo un 2023 stabile, a livello di valore, il 2024 si chiude con segni negativi in tutte le principali variabili.
Stimando un fatturato settoriale che le prime proiezioni a 12 mesi indicano in frenata del -9,3%, a 13,2 miliardi di euro (quasi 1,4 miliardi in meno dell’anno precedente) e con inevitabili effetti su demografia delle imprese e occupazione” ribadisce la presidente.
I dati dicono che oltre il 60% delle imprese ha chiuso con fatturato sotto i livelli del 2023 e il 20% parla di un calo di oltre il 20%. “Se nell’Unione Europea le vendite mostrano cali abbastanza contenuti (-2,6% in valore nell’insieme, con un -2% in Francia e -6,2% in Germania (ma ci sono aziende marchigiane che hanno perso almeno il 30%)), sui mercati extra-UE la flessione è del -15,3%”.
Inevitabile parlare della frenata dei brand del lusso, il cui sviluppo aveva contribuito negli anni recenti a sostenere le dinamiche settoriali. “L’unica tipologia di scarpa con il segno positivo è la scarpa in gomma, cresciuta dell’8,2% in volume, ma solo l’1,3 in valore. Purtroppo le calzature in pelle, che valgono il 65% dell’export, hanno perso l’8,2 per cento di valore e oltre il 7 in quantità.
L’ultimo periodo dell’anno ha visto una piccola ripresa della Cina e un’ottima prestazione degli Emirati Arabi (+26,3%). Ormai fuori dai ‘giochi’ è la Svizzera, dimezzata in valore e crollata anche nelal quantità di scarpe dopo la decisione delle griffe di cambiare hub logistici.
Cosa significano questi dati negativi? Che tornano a chiudere i calzaturifici, -144 in Italia, e quindi si perdono posti di lavoro, -2619 nel 2024. Inevitabile la crescita della cassa integrazione, arrivata a 26 milioni di ore contro i 10 del 2023 e comunque quattro volte superiori rispetto al 2019, ovvero prima della pandemia.