di Raffaele Vitali
FERMO – Buon compleanno Iti Montani. 170 anni di istruzione, formazione, innovazione. Mentre veniva brevettato il motore a scoppio si apriva la porta del glorioso istituto tecnico.
“Vi accolgo con emozione. Tocca a me – esordisce la dirigente Stefania Scatasta che da sola domina l’immenso palco del teatro dell’Aquila - rompere il ghiaccio. E lo faccio sapendo che porto con me la comunità del Montani. Gli ex Allievi hanno riempito prima piazza del popolo, poi il teatro”. Tra di loro, in nome del padre che è stato studente, c’è anche seduto in prima fila, e poi sul palco, l’amministratore delegato della Ferrari, Benedetto Vigna.
Con la dirigente, sul palco, il Montani di oggi, un centinaio di studenti in maglietta bianca d’ordinanza: “Sono loro che ci invitano a credere e a vivere con passione l’esperienza scolastica. Che è magica nel suo insieme. Il fatto che questo teatro sia gremito dà la misura. Noi lavoriamo per il loro progetto di vita”.
Oggi c’è lei, prima altri dirigenti, domani qualcuno di nuovo. “I 170 anni del Montani hanno raccontato la storia della comunità e di ogni singolo studente che ha contribuito a guardare e scrivere il futuro”. Un pomeriggio al contrario, che parte dal futuro, le parole del sociologo Colombi, passa per il presente, con la narrazione teatrale di alunni e docenti, e arriva nel passato, rappresentano dal presidente degli ex allievi Carlo Labbrozzi, da Vigna e dallo storico Settimio Virgili.
“La scuola deve essere di cristallo, trasparente, deve emergere il lavoro di docenti e studenti. A condurre il pomeriggio Angelica Malvatani e Massimo Pandolfi, giornalisti del Resto del Carlino. “Sono legato a Fermo, c’è mio zio che è vicepresidente dell’associazione. E negli anni mi ha sempre fatto appassionare al tempo degli studi vissuti al Montani, che aveva scelto pur se anconetano. E qui ha trovato anche la compagna della sua vita. Questa è una storia, poi ce ne sono altre 60mila, come gli alunni passati per lo storico istituto” racconta Massimo Pandolfi, caporedattore centrale del giornale bolognese che a Fermo fino a pochi mesi fa aveva una redazione, oggi chiusa e inglobata in quella di Ascoli Piceno.
Un pomeriggio in cui si parla spesso di radici, “che sono fondamentale per poter poi raccontare un’altra storia in futuro”. Ad aprire il tutto, ufficialmente, è l’inno d’Italia cantato dal coro del Montani diretto da Spinosi. Per i componenti un lungo applauso, cori e battito di mano. È il momento in cui i giovani prendono per un attimo il controllo dell’elegante Teatro dell’Aquila.
Il compito di portare i ragazzi nel futuro spetta al sociologo Massimiliano Colombi. “Saliamo insieme su una piccola macchina del tempo, guardiamo insieme al 2050. Sarà l’anno in cui vinceremo dieci mondiali con la Ferrari grazie al contributo degli studenti di meccatronica del Montani e degli ingegneri della Politecnica. Ci siamo immaginati a festeggiare 15 anni di mancate interruzioni dell’A14 perché gli studenti di logistica e trasporto hanno inventato un meccanismo innovativo. Ma abbiamo anche pensato che il Fermano avrà la migliore comunità energetica grazie all’area energia del Montani. E poi un grande polo biotecnologico e un nuovo distretto della manifattura evoluta grazie ai materiali studiati qui. Nel 2050 alcune di queste cose si realizzeranno davvero grazie a questa scuola che genererà imprenditori, tecnici evoluti che sanno progettare, attivare processi e immaginare pezzi di futuro”.
‘Gli adulti devono imparare a guardare il mondo con gli occhi dei giovani’ è un po’ il mantra. “Per farlo dobbiamo avere fiducia, non pensando a quando a noi non ne è stata data. Ci chiedevano di adattarci. Ma oggi – ribadisce Colombi - il mondo cambia velocemente e abbiamo bisogno di occhi nuovi, quelli vecchi non cambiano visuale”.
Tre i perni su cui costruire il 2050. “Il primo è la formazione. Le imprese stanno anticipando il coinvolgimento dei giovani fin dalla fine della scuola superiore. I giovani sono meno e quindi sono preziosi, ma anche perché le aziende investono percorsi di formazione interni. Questo da un lato fa capire che le nuove figure che escono diventano importanti, ma una ricerca del Censis per i giovani dice che il lavoro non è così essenziale, sono disponibili ma non a tutto. La prima domanda non è quanto mi dai, ma quanto tempo mi resta per vivere oltre il lavoro. Conta il valore del tempo. I nuovi tecnici dovranno gestire responsabilità crescenti in ambienti turbolenti”.
Il secondo è legato allo sviluppo tecnologico. “Siamo nell’epoca dell’Infosfera, una frontiera che spaventa i boomer, attira i giovani ma ci pone questioni etiche. Tema interessante per una comunità educante. Non possiamo non pensare che i percorsi educativi devono mantenere i valori. Che vanno condivisi e fatti propri”.
Il terzo è l’ibridazione. “Fermo può essere una nuova agorà, ci siamo immaginati di far incontrare i giovani studenti del Montani con quelli dei Licei, che portano più filosofia e lettere. L’ibridazione delle competenze, nella prospettiva di service learning che aiuta a crescere persone più ricche, lavoratori e lavoratrici più interessanti”.
Ascolta attento il pubblico del teatro, anche quello istituzionale, seduto in prima fila. Per loro, tre voci: prefetto, sindaco e presidente della provincia. “Girando al Viminale, negli ultimi giorni a Roma prima di questo incarico – racconta il prefetto D’Alascio - ho incontrato un mio amico. Il padre aveva studiato al Montani. Io voglio girare e conoscere anche le scuole, che rappresentano il futuro partendo da quanto hanno dato. Deve crescere la triangolazione scuola, istituzioni e società civile: nasce così quella contaminazione che fa bene. Accetto la sfida, la Prefettura c’è”.
Il sindaco Calcinaro tocca il senso del Montani per la città di Fermo: “In questi nove anni è la prima volta che il teatro è pieno per un compleanno. Non ho fatto il Montani, mio padre era vicepreside. L’ho vissuto quindi in ogni caso da vicino. Professori e personale sono stati la grande risorsa, da qui sono usciti anche testi scolastici arrivati in tutta Italia. Anche in Argentina ho trovato italo-argentini che mi parlavano del Montani. Una scuola che dà orgoglio ala città intera. E presto riaccenderemo la luce nella parte storica”.
E questo accadrà grazie alla Provincia, che sta investendo milioni di euro. “Finiremo i lavori prima dell’A14” scherza Ortenzi stimolato da Pandolfi e Malvatani. “Stiamo facendo un lavoro molto importante, entro i prossimi 5-6 anni gran parte dei lavori saranno terminati. Stiamo cercando di riportare l’Informatica al Triennio. Tuti fanno sacrifici, ma per un obiettivo più grande: restituire locali e strutture efficienti e sicure, stiamo davvero dentro Next generation Eu. Chi sceglierà il Montani troverà l’identità di una scuola gloriosa”.
Scuola gloriosa che ha legami importanti, a cominciare da quelli con la Ferrari di Vigna. I curriculum dei maturandi sono già pronti.