PESARO – Per Luca Banchi, di fondo, è una scommessa. In Italia non ha poi allenato in tante squadre. Prodotto della Montepaschi Siena, con cui ha vinto scudetti in serie da vice di Pianigiani e uno, revocato, da head coach nel 2013 con Hackett in campo, è poi passato a Milano dove, puntualmente, ha vinto.
A 56 anni, Banchi è ancora un coach giovane, anche se con una esperienza ormai trentennale. La domanda è: perché Pesaro? Squadra in difficoltà, società seria ma non ricca, il che significa con margini di mercato limitati e difficilmente con ambizioni di alta classifica. E lui, da sempre, allena compagini con budget molto ampi. Anche l’ultima panchina italiana, quella di Torino, era accompagnata da montagne di euro.
Poi l’esilio, dorato, all’estero tra Germania, Grecia, Russia e Lettonia. Saudade italiana? Può darsi, come è chiaro che la Vuelle, chiudendo il 2+2 con Petrovic senza colpo ferire, buonuscita a parte, aveva liquidità immediata a disposizione.
Banchi conosce la pallacanestro, in questo ha pochi rivali e ama lasciare libertà a chi sa giocare. Non è certamente un sergente di ferro, ma il suo blasone potrebbe placare gli animi ribelli della squadra e stimolare capitan Delfino, vero ago della bilancia dello spogliatoio. È abituato ad allenare in società forti, per cui la presenza di Ario Costa e del suo staff, da Cioppi a Magnifico, dovrà essere evidente.
Oggi il primo allenamento, domani l’incontro con la stampa e si capirà meglio cosa lo ha spinto a Pesaro. Chissà, magari sogna di riportarla in alto. Che poi era la speranza di Petrovic, ma Aza non ha avuto tempo. Banchi ha un vantaggio, peggio non può fare, quindi il futuro sarà per forza migliore. Che Demetrio diventi il Ress del suo scudetto? Mai dire mai.
Raffaele Vitali