di Raffaele Vitali
PESARO - Venti partite in due mesi. La Carpegna Prosciutto Pesaro che stasera si presenta alla città alle 21 in piazza del Popolo, si sta preparando a un calendario di campionato anomalo. Una squadra che dovrà essere subito pronta, che sta caricando e che quindi non si può giudicare nelle prime uscite. Dove, comunque, è già chiaro un punto: sotto canestro non ci sono chili, ma tecnica.
Pro o contro? I commenti si sprecano, ma è la VL che ha voluto il suo coach Pino Sacripanti. Allenatore che si ritrova in serie A2, insieme con tanti colleghi italiani che meriterebbero il pano superiore, ma così non è. In passato capitava a 'mister 1000 panchine' Cesare Pancotto, oggi ci sono Bucchi, Pillastrini, Dalmonte, Ciani, Boniciolli, Ramagli, Brienza e giovani esperti come Di Paolantonio e Martino. I motivi sono diversi.
Coach Sacripanti, non trova che in questa A2 ci siano troppi allenatori italiani ‘da A1’?
“C’è la globalizzazione, se leggo i nomi dei miei colleghi mi sembra di fare la A1. In questo momento va così, lo accettiamo. È chiaro che tutti vorremmo fare la A1 e competere ai massimi livelli”.
Ma è una moda?
“Non voglio esagerare, ma c’è un ricorrere allo straniero molto forte e noi ne prendiamo atto. Ma poi all’estero c’è posto per gli italiani. Questo innalza il livello qualitativo tecnico e di giocatori della A2. Prima un buon allenatore di A1 faceva un po’ di differenza al piano di sotto, perché magari giocava contro emergenti o con meno esperienza. Oggi invece, sono tanti i ‘vecchi volponi’, e mi ci metto anche io, che si contenderanno questa categoria”.
Tornando al campionato, ci sono delle favorite?
“Una decina di squadre sopra le altre. Al di la di Cantù e Fortitudo, che hanno fatto due squadroni e arrivano dalla finale persa, poi ci sono Udine, Brindisi, Rimini e Forlì oltre a Verona. Insomma, c’è chi non ha risparmiato per chiudere il roster. È evidente l’innalzamento a livello qualitativo di giocatori, un po’ perché in tanti vogliono andare in A1 e un po’ perché diminuendo le squadre i migliori giocatori sono concentrati in meno squadre”.