PORTO SAN GIORGIO – Le ‘Donne democratiche’ partono dai dati, a cui danno una lettura più critica nel caso delle denunce di violenza sulle donne. "È vero che l’aumento di denunce è il segno di una emersione, ma non rispecchia completamente la situazione, caratterizzata da eventi non dichiarati e quindi non registrati. Nonostante si stiano facendo molti sforzi per fare luce in modo sempre più chiaro sulla violenza di genere, i dati a disposizione sono ancora abbastanza frammentati” sottolinea Elisabetta Baldassarri a nome delle compagne del coordinamento.
Il ‘sommerso’ è uno dei temi al centro delle riflessioni legate al 25 novembre che deve restare al centro delle analisi anche nei prossimi mesi. “Ci sono molte variabili, infatti, che possono influenzare le dichiarazioni, tra cui la volontà di rimozione, il pudore sociale, il non riconoscimento o l’accettazione della violenza, e non ultima la paura di potenziali ripercussioni” prosegue.
Attualmente la tolleranza verso forme di violenza fisica all’interno di una coppia è diminuita, ma non scomparsa. Inoltre, persino tra i giovani appare rilevante la quota di chi dichiara di accettare il controllo dell’uomo sulla comunicazione della partner (10,2%). “Per contrastare questi fenomeni – riprende Baldassarri - serve lavorare fin dalle scuole sulla consapevolezza di cosa rappresenti la violenza di genere, scardinando anche il retroterra di stereotipi e discriminazioni che ne è alla base, per acquisire sin dall’infanzia una cultura di parità e rispetto verso le donne. Questo non può che realizzarsi attraverso una sinergia che può essere preziosa tra comunità educante, scuole, rete dei centri antiviolenza”.
Stando alle ‘Donne democratiche’ la violenza di genere può colpire in differenti modi anche i più piccoli. “I figli e le figlie che vivono un ambiente familiare di soprusi patiscono un trauma indelebile. Questo ha conseguenze immediate, come senso di inquietudine, aggressività, comportamenti adultizzati. Vi può essere però anche un effetto di più lungo termine ed è possibile che, crescere in un contesto familiare violento, aumenti la probabilità di acquisire modelli comportamentali negativi, o comunque di accettarli come normali”.
La richiesta del coordinamento alle istituzioni è semplice: “Coinvolgere sempre di più le organizzazioni che nel territorio sono impegnate nel supporto alle donne, con pochi mezzi e spesso nel silenzio generale, chi si espone per salvaguardare l’occupazione femminile, il lavoro di cura, i servizi sanitari rivolti in particolare alle donne e al sostegno del lavoro di cura delle donne. Servono azioni, anche semplici, come il miglioramento del trasporto pubblico locale. Importanti sono le iniziative di sensibilizzazione che si svolgono nel mese di novembre, ma più importante è guardare fuori, costruire relazioni con le donne che tutti i giorni faticano ad esprimersi, ad emergere, a reagire perché sotto il gioco pesante della violenza economica, non si sentono accolte e riconosciute perché non hanno riferimenti” conclude Elisabetta Baldassarri.